Articolo: ​Confindustria – la bozza di Accordo Territoriale, vero aiuto per le imprese?

approfondimento di Roberto Camera 

 

Il 14 luglio scorso Confindustria ha sottoscritto, con i sindacati CGIL, CISL e UIL, la bozza di un contratto collettivo territoriale di lavoro, al fine di consentire anche alle imprese associate a Confindustria e prive di rappresentanze sindacali, di erogare premi di risultato aziendali, che potranno così essere assoggettati al trattamento fiscale agevolato introdotto dalla legge di stabilità per il 2016 (c.d. detassazione). Parliamo di premi fino a 2.000 euro lordi (2.500 euro qualora l’azienda attui forme di coinvolgimento paritetico dei lavoratori nell’organizzazione del lavoro).

L’intesa prevede uno schema di accordo territoriale che costituisce il modello in base al quale potranno essere sottoscritti gli accordi territoriali che, come previsto dalla legge di stabilità per il 2016, sono una delle fonti che possono portare all’accesso dei benefici fiscali collegati ai premi di risultato.

Una volta che l’azienda avrà recepito l’accordo territoriale – secondo le indicazioni di Confindustria – dovrà inviare una comunicazione scritta, anche con modalità informatiche, ai lavoratori dichiarando che, in applicazione del medesimo accordo, viene istituito un premio di risultato.

Nella comunicazione dovrà essere precisato:

  1. il periodo di riferimento su cui viene calcolato il premio aziendale;
  2. la composizione del premio e gli indicatori adottati;
  3. la stima dell’ammontare annuo medio pro capite del premio e le sue modalità di corresponsione, ivi compresa l’eventualità che il premio venga corrisposto, in tutto o in parte, per scelta del lavoratore, tramite prestazioni di welfare aziendale, sempre ai sensi delle disposizioni contenute nella legge di stabilità per il 2016.

Le parti firmatarie dell’accordo territoriale istituiranno un comitato composto da un rappresentante di ciascuna delle organizzazioni sindacali e imprenditoriali firmatarie che avrà il compito:

  1. di valutare la conformità ai contenuti dell’accordo territoriale della comunicazione trasmessa ai lavoratori;
  2. di valutare l’andamento dell’attuazione dell'accordo territoriale.

L’impresa che applicherà l’accordo, una volta raggiunti gli obiettivi ivi previsti, dovrà dare informativa ai lavoratori sulle risultanze del premio. Tale comunicazione dovrà essere trasmessa anche al comitato costituito dalle parti firmatarie.

Lo stesso comitato provvederà a redigere un rapporto, su dati aggregati, dei premi istituiti nel territorio, ai fini del monitoraggio degli effetti dell’accordo territoriale; tale rapporto sarà, successivamente, inviato alle organizzazioni sindacali (Cgil, Cisl e Uil) ed a Confindustria, anche al fine di valutare l’andamento e gli effetti complessivi dell’intesa oggi raggiunta.

Fin qui la mera indicazione dell’accordo, stipulato il 14 luglio scorso, da un punto di vista formale.

Vediamo ora, in concreto, cosa apporta l’accordo nella logica del sostegno alle aziende su questo argomento alquanto delicato, anche in considerazione della complessità e del rispetto delle regole del gioco previste dalla legge e dal Decreto attuativo.

La bozza di contratto, così come strutturato, presenta alcune criticità, soprattutto in merito alle prescrizioni impartite dalla normativa ed alla genericità degli argomenti trattati. Infatti, sia nelle premesse che nei tredici punti della bozza di accordo, non si parla di strutturazione del premio di risultato ma esclusivamente del fatto che, almeno formalmente, l’accordo stesso rispetta quanto previsto dal comma 184 dell’art. 1 della legge 28 dicembre 2015, n. 208.

Non vengono considerate le indicazioni fondamentali, per l’applicazione dell’agevolazione fiscale, previste dal Decreto InterMinisteriale del 25 marzo 2016 (Lavoro e Economia) e dalla Circolare n. 28/E/2016 dell’Agenzia delle Entrate.

Manca la variabilità degli importi erogati a titolo di premi di risultato; mancano i parametri previsti dalle legge (produttività, redditività, qualità efficienza ed innovazione); mancano gli indicatori a cui le aziende dovranno collegare il premio (in questo caso si fa un semplice rinvio a quelli “elencati nella sezione 6 del modello allegato al Decreto 25 marzo 2016”); manca, infine, il periodo congruo di riferimento al quale gli indicatori dovranno essere collegati per una verifica oggettiva dell’incremento dei parametri suindicati.

In definitiva, parrebbe mancare il “core” dell’accordo.

Tutto questo viene lasciato alla contrattazione territoriale, con buona pace del supporto di consulenza che le associazioni nazionali (sindacali e datoriali) avrebbero dovuto dare alle parti attraverso la bozza di contratto territoriale.

A mio modesto avviso, sembra si tratti di un accordo privo del suo DNA fondante, in quanto non fornisce quegli indici e quelle percentuali riferite alle modalità di calcolo ed erogazione del premio di risultato che dovrebbero essere alla base dell’intesa.

Ci si focalizza, quasi esclusivamente, sul fatto che l’accordo concede la possibilità all’azienda di erogare il premio di risultato con l’agevolazione fiscale prevista dalla Legge di Stabilità 2016, ma senza fornire le prescritte indicazioni Ministeriali (Decreto 25 marzo 2016), così come interpretate dalla Circolare n. 28/E/2016 dell’Agenzia delle Entrate.

Inoltre, il c.d. variabile non può essere previsto per relationem ma dovrebbe essere costruito, caso per caso, con gli indicatori e con gli obiettivi che, individualmente, le aziende prevedono di raggiungere. Non dovrebbe essere previsto un accordo territoriale così generale, ma andrebbe, a rigor di logica, realizzato per settori omogenei ben definiti.

È, in buona sostanza, una sorta di messaggio generale che ha lo scopo positivo di “avvicinare” le aziende poco strutturate che non riescono ad avere la forza contrattuale per definire un accordo aziendale, ovvero che non hanno, al proprio interno, una RSU/RSA. Infatti, nella sintesi all’accordo, stilata dalla stessa Confindustria, viene evidenziato come “l’accordo si rivolge sia alle imprese già associate a Confindustria sia, ed è questa una delle particolarità dell’accordo, alle imprese che conferiranno espresso mandato, a tal fine, alle associazioni aderenti al sistema di rappresentanza di Confindustria, ….”.

Non è possibile prevedere un contratto territoriale o aziendale sul solo presupposto della detassazione. Questa agevolazione fiscale è stata concepita quale supporto ed impulso ad un piano aziendale di sviluppo che preveda un premio al lavoratore per il miglioramento di uno o più parametri di sviluppo di una azienda: produttività, redditività, qualità efficienza ed innovazione.

Parametri che non sono assolutamente menzionati dall’accordo e che vengono lasciati all’azienda senza alcun aiuto o “linea guida”, per erogare premi con i requisiti previsti dalla legge per usufruire della detassazione 2016.

La stessa Confindustria, nella sintesi dell’accordo dichiara che “L’accordo, dunque, non introduce forme retributive territoriali ma affida alle parti sociali del territorio un ruolo propulsivo per guidare, in particolar modo le PMI, verso l’introduzione di forme di salario variabile legate ai risultati aziendali.”.

Mi sarei aspettato un maggior contributo, soprattutto per le piccole e medie aziende che dovranno, comunque, prevedere, in proprio, quelle “forme di salario variabile legate ai risultati aziendali” che non vengono menzionate nella bozza di accordo territoriale.

Roberto Camera

Autore: Roberto Camera

Esperto di diritto del Lavoro, relatore in corsi di formazione e aggiornamento professionale in materia di lavoro e ideatore del sito Dottrina Per il Lavoro (ex DPLModena) - @CameraRoberto

Condividi questo articolo su