Articolo: Controllo del pc assegnato al lavoratore – licenziamento

approfondimento di Salvatore Servidio – Esperto tributario del processo del lavoro
Estratto dal n. 1/2017 di Diritto & Pratica del Lavoro (Settimanale IPSOA)

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Diritto_pratica_lavoroLa vicenda
Nell’articolata vicenda di fatto, la sentenza 3 novembre 2016, n. 22313 della Corte di cassazione rileva che nel corso di un’ispezione volta alla verifica del rispetto delle disposizioni interne in materia di uso e sicurezza del materiale informatico assegnato ai dipendenti, un dipendente, alla richiesta di chiarimenti in ordine ad alcuni files con estensione video contenuti nel disco O, cancellava l’intero contenuto del disco, rendendo impossibile dare seguito all’attività ispettiva. All’esito di un successivo esame dell’archivio informatico, era emersa la presenza di materiale con contenuto pornografico.
Alla luce di tutto ciò il datore di lavoro intimava il licenziamento contestando al lavoratore:
– di aver ostacolato l’attività ispettiva del servizio revisione;
– di avere violato l’obbligo di tenere una condotta informata ai principi di disciplina, dignità e moralità sia in sede di effettuazione delle attività di revisione, sia acquisendo e conservando nel computer aziendale materiale pornografico;
– di avere violato l’obbligo di dedicare il suo tempo lavorativo all’attività aziendale;
– di avere violato il codice di comportamento che prescrive che i dipendenti sono tenuti ad utilizzare le apparecchiature esclusivamente per finalità di ufficio;
– di aver esposto la cassa ai rischi conseguenti l’acquisizione nel proprio sistema informatico di files “pericolosi”.
Nel conseguente giudizio di opposizione la Corte d’Appello, confermando la sentenza di primo grado, riteneva che il licenziamento fosse illegittimo per insussistenza del fatto contestato – accordandogli la tutela di cui all’art. 18, comma 4, legge 20 maggio 1970, n. 300, come novellato della legge 28 giugno 2012, n. 92, c.d. legge Fornero -, considerato che il datore di lavoro non aveva dimostrato l’esistenza di documenti di pertinenza aziendale all’interno della parte del disco fisso del pc che era stata cancellata dal lavoratore.
Inoltre, il comportamento doveva ritenersi senz’altro scusabile in considerazione del fatto che gli ispettori avevano travalicato i propri poteri, imponendo al lavoratore l’immediata visione dei files, con richiesta abusiva perché sproporzionata e tale da lederne la privacy.”…..continua la lettura

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Autore: Wolters Kluwer Italia

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