Fondazione Studi Consulenti del Lavoro: Correttivi al Jobs Act, distacco e cambio appalto

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La Fondazione dei Consulenti del Lavoro ha pubblicato, in data 30 novembre 2016, le risposte del Ministero del Lavoro (dott. Danilo Papa – direttore della Dir. Generale per l’Attività ispettiva) ai quesiti in materia di novità afferenti il c.d. decreto correttivo al Jobs Act, il distacco transnazionale ed il cambio di appalto.

Fonte: Consulenti del Lavoro.it

 

 


 

CORRETTIVO AL JOBS ACT

  1. La sanzione amministrativa prevista per la mancata comunicazione per il lavoro accessorio è diffidabile?

No. La formulazione dell’art. 49, comma 3, del codice dei contratti esclude espressamente la diffida, analogamente a quanto avviene con riferimento alla comunicazione prevista per il lavoro intermittente.

 

  1. E’ confermato l’obbligo del pagamento del ticket per il licenziamento qualora il datore di lavoro dovesse necessariamente procedere alla risoluzione del rapporto stante la mancata definizione della procedura delle dimissioni on line da parte del dipendente dimissionario e non più presente fisicamente in azienda?

Il correttivo al Jobs act non introduce particolari modifiche al riguardo. In tema di dimissioni on-line le uniche modifiche attengono alla implementazione dei soggetti abilitati alla trasmissione dei moduli (consulenti del lavoro e sedi territoriali dell’Ispettorato nazionale del lavoro) e al chiarimento secondo il quale la procedura non trova applicazione in relazione ai rapporti di lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche.

 

  1. Il dipendente dimissionario che non effettua la procedura on line per le dimissioni, e successivamente licenziato dall’azienda, può percepire la NASpI?

Il problema in questi casi è quello di evidenziare la sostanza più che la forma. Nelle banche dati della P.A. risulta effettuato un licenziamento, senza una specifica indicazione delle motivazioni che lo hanno determinato. Probabilmente sarà opportuno integrare la modulistica affinché possano essere effettuate le opportune verifiche, anche al fine di evitare condotte elusive preordinate esclusivamente al godimento della NASpI.

 

  1. I consulenti del lavoro possono inviare personalmente le dimissioni on line di un dipendente, o devono necessariamente utilizzare la procedura tramite il proprio Consiglio Provinciale?

La formulazione normativa abilita direttamente i consulenti del lavoro alla trasmissione dei moduli.

 

  1. I datori di lavoro domestici sottostanno alle stesse regole per la comunicazione del lavoro accessorio?

No, l’obbligo di comunicazione all’Ispettorato nazionale del lavoro sul ricorso al lavoro accessorio è prevista esclusivamente in capo ai committenti imprenditori e professionisti. Il datore di lavoro privato non è quindi tenuto ad effettuare la comunicazione, ferme restando le procedure di acquisto e attivazione dei voucher.

 

DISTACCO TRANSNAZIONALE

  1. Qual è l’ambito applicativo delle nuove disposizioni del d.lgs. n. 136/2016? In particolare il riferimento è al distacco transazionale in ambito europeo, con riguardo al distaccante comunitario che distacchi personale in Italia.

Il decreto 136 pone delle regole che interessano principalmente le imprese comunitarie, comprese le agenzie di somministrazione. Tuttavia alcune disposizioni, comunque di particolare rilievo, del D.Lgs. n. 136/2016, si applicano anche alle imprese stabilite in uno “Stato terzo”, cioè extracomunitario. Si tratta ad esempio delle disposizioni che individuano gli elementi utili a valutare l’autenticità del distacco, le condizioni di lavoro che devono essere rispettate durante il periodo del distacco e gli obblighi amministrativi in capo al distaccante (ad es. comunicazione di distacco).

 

  1. Esistono dei requisiti specifici previsti per la verifica della genuinità del distacco?

L’art. 3 del D.Lgs. n. 136/2016 stabilisce che, al fine di accertare se siamo in presenza di un distacco “genuino”, occorre anzitutto verificare se l’impresa distaccante esercita effettivamente attività diverse rispetto a quelle di mera gestione o amministrazione del personale dipendente. Inoltre la disposizione chiede di verificare una serie di elementi sintomatici tra i quali, a titolo esemplificativo:

  • il contenuto, la natura e le modalità di svolgimento dell’attività lavorativa e la retribuzione del lavoratore;
  • la circostanza che il lavoratore eserciti abitualmente la propria attività nello Stato membro da cui è stato distaccato;
  • la temporaneità dell’attività lavorativa svolta in Italia;
    1. la data di inizio del distacco;
    2. la circostanza che il lavoratore sia tornato o si preveda che torni a prestare la sua attività nello Stato membro da cui è stato distaccato;
      1. la circostanza che il datore di lavoro che distacca il lavoratore provveda alle spese di viaggio, vitto o alloggio e le modalità di pagamento o rimborso; ecc.

 

  1. Che tipo di sanzioni sono previste per il caso della violazione delle norme in materia di distacco nell’ambito UE?

Il decreto introduce delle sanzioni amministrative che riguardano:

  • la violazione degli obblighi di comunicazione (sanzione amministrativa pecuniaria da 150 a 500 euro, per ogni lavoratore interessato);
  • la violazione degli obblighi di conservazione dei documenti di lavoro tradotti peraltro in lingua italiana (sanzione amministrativa pecuniaria da 500 a 3.000 euro per ogni lavoratore interessato);
  • la violazione dell’obbligo di designare un referente elettivamente domiciliato in Italia incaricato di inviare e ricevere atti e documenti (sanzione amministrativa pecuniaria da 2.000 a 6.000 euro);

In ogni caso, le sanzioni non possono essere superiori a 150.000 euro.

 

  1. Il nuovo d.lgs. n. 136/2016 modifica la disciplina sostanziale del distacco?

In realtà no. Il decreto costituisce un “testo unico” di recepimento sia della direttiva 2014/67/UE, sia della precedente direttiva 96/71/CE, abrogando peraltro il “vecchio” D.Lgs. n. 72/2000 ed acquisendone sostanzialmente i contenuti.

 

  1. Gli obblighi di comunicazione preventiva sono già in vigore?

Non ancora. Il D.Lgs. n. 136/2016 stabilisce che “con decreto del Ministero del lavoro e delle politiche sociali (…) sono definite le modalità delle comunicazioni”. Soltanto dopo l’entrata in vigore della disciplina di dettaglio, contenuta nel D.M. 10 agosto 2016, potranno dirsi operativi i nuovi obblighi.

 

LA NUOVA DISCIPLINA DEL CAMBIO APPALTO

  1. In base alla nuova disciplina (art. 29, co. 3, D. Lgs. n. 276/2003), cosa si intende per “struttura organizzativa ed operativa”?

In base alla precedente formulazione dell’articolo 29, comma 3, del D.Lgs. n. 276/2003, in vigore fino al 22 luglio 2016, il nuovo appaltatore quando procedeva ad un “cambio appalto” poteva assumere i lavoratori occupati dal precedente appaltatore, avviando sostanzialmente delle assunzioni ex novo,   con   possibilità   di   ridefinizione   di   ogni   aspetto del rapporto di lavoro. Per limitare tali effetti, l’intervento del Legislatore – che trae origine da una procedura della Commissione Europea (caso EU Pilot 7622/15/EMPL) nei confronti dell’Italia – ha inteso consentire tale prassi (senza dunque che trovasse applicazione l’art. 2112 c.c.) solo a fronte di condizioni ben precise, una delle quali è la presenza di una “struttura organizzativa ed operativa”. In sostanza la formulazione sembrerebbe indicare una realtà imprenditoriale preesistente al cambio appalto, che pertanto sia effettivamente “operativa” e non rappresenti solo una “scatola vuota” da riempire con il personale proveniente dal precedente appaltatore.

 

  1. In base alla nuova disciplina (art. 29, co. 3, D.Lgs. n. 276/2003), cosa si intende per “elementi di discontinuità che determinano una specifica identità d’impresa”?

La nozione va letta unitamente con la precedente (esistenza di una “struttura organizzativa ed operativa”) e rafforza il concetto già espresso.

 

  1. Nel caso di assenza di elementi di discontinuità tra vecchio e nuovo appaltatore e di operatività dell’art. 2112 cod. civ., quale sarà la disciplina applicabile al licenziamento del lavoratore assunto nell’appalto prima del 7 marzo 2015? Vecchio regime o c.d. “tutele crescenti”?

Nell’ambito del cambio appalto dobbiamo ricordare la previsione dell’art. 7 del D.Lgs. n. 23/2015, secondo il quale “ai fini del calcolo delle indennità (…) l’anzianità di servizio del lavoratore che passa alle dipendenze dell’impresa subentrante nell’appalto si computa tenendosi conto di tutto il periodo durante il quale il lavoratore è stato impiegato nell’attività appaltata”. Tuttavia il nuovo art. 29 chiarisce sostanzialmente che “l’acquisizione del personale già impiegato nell’appalto a seguito di subentro di nuovo appaltatore” può costituire trasferimento di azienda se mancano elementi di discontinuità con il precedente appaltatore. Se costituisce trasferimento d’azienda è probabile che il Ministero si esprima nel senso della conservazione del vecchio regime, in applicazione dell’art. 2112 c.c.

 

  1. Se nel passaggio al nuovo appaltatore si trasferiscono tutti i lavoratori dipendenti e solo una parte (ad es., il 50%) dei beni materiali d’impresa, si tratterà di cambio appalto o di trasferimento ai sensi dell’art. 2112 cod. ?

Non è il passaggio di per sé del personale o dei beni materiali a determinare l’applicazione dell’una o dell’altra fattispecie. Ciò che conta è la preesistenza di una reale ed operativa realtà aziendale.

 

  1. Se il passaggio di tutti i dipendenti tra vecchio e nuovo appaltatore avviene con riferimento ad un appalto di servizi che richiede solo l’impiego di personale e non di beni strumentali, si tratterà di trasferimento d’azienda o, non passando anche mezzi d’impresa, sempre di cambio appalto?

Anche in questo caso occorre verificare, sebbene sia una ipotesi di appalto labour intensive, la preesistenza di una organizzazione imprenditoriale effettivamente operativa.

La Redazione

Autore: La Redazione

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