Agenzia Entrate: lavoratori impatriati – mancata iscrizione all’AIRE

L’Agenzia delle Entrate, con la risposta n. 497 del 26 novembre 2019, fornisce risposta ad un quesito in merito alla possibilità e modalità di fruizione del regime speciale per lavoratori impatriati, di cui all’articolo 16, del decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 147, in relazione alle modifiche normative apportate dall’articolo 5, comma 1, del decreto legge 30 aprile 2019, n. 34.

In particolare, l’Istante chiede se, in base alle previsioni del comma 5-ter, del decreto legge 30 aprile 2019, n. 34, possa essere ammesso a fruire del regime speciale per i lavoratori impatriati anche in assenza del requisito dell’iscrizione all’AIRE.

 

La risposta dell’Agenzia delle Entrate

L’articolo 16 del decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 147 ha introdotto il “regime speciale per lavoratori impatriati”. La citata disposizione è stata oggetto di modifiche normative, operate dall’articolo 5 del decreto legge 30 aprile 2019, n. 34, in vigore dal 1° maggio 2019, e convertito dalla legge 28 giugno 2019, n. 58, che trovano applicazione, ai sensi del comma 2 del citato articolo 5 del decreto legge 30 aprile 2019, n. 34, “a partire dal periodo d’imposta successivo a quello in corso alla data di entrata in vigore del presente decreto” e, pertanto, sono rivolte ai soggetti che acquisiscono la residenza fiscale in Italia a partire dal periodo d’imposta 2020.

Nell’ipotesi di trasferimento delle residenza fiscale in Italia entro il periodo d’imposta 2019 (ovvero entro il 2 luglio 2019), occorre far riferimento all’articolo 16 del decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 147, nella formulazione vigente fino al 30 aprile 2019, secondo cui al verificarsi delle condizioni richieste, i redditi di lavoro dipendente e di lavoro autonomo prodotti in Italia concorrono alla formazione del reddito complessivo nella misura del 50 per cento.

Trattasi di un’agevolazione temporanea, applicabile per un quinquennio a decorrere dal periodo d’imposta in cui il lavoratore trasferisce la residenza fiscale in Italia, ai sensi dell’art. 2 del TUIR, e per i quattro periodi di imposta successivi (cfr. articolo 16, comma 3, decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 147). Ne consegue che l’applicazione dell’agevolazione deve essere uniforme per l’intero arco temporale dei cinque anni previsti dalla normativa.

Per accedere al regime speciale per i lavoratori impatriati, al norma in esame presuppone, inoltre, che il soggetto non sia residente in Italia per un periodo minimo precedente all’impatrio e si impegni a permanervi per almeno due anni a pena di decadenza dell’agevolazione (cfr. articolo 3, decreto del Ministro dell’economia e delle finanze 26 maggio 2016, recante “Disposizioni di attuazione del regime speciale per lavoratori impatriati, di cui all’articolo 16 del decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 147“).

Si ricorda altresì che, ai sensi dell’articolo 2 del TUIR, sono residenti in Italia le persone fisiche che, per almeno 183 giorni (o 184 giorni in caso di anno bisestile), sono iscritte nelle anagrafi della popolazione residente o hanno nel territorio dello Stato il domicilio o la residenza ai sensi del codice civile. Le condizioni appena indicate sono fra loro alternative, pertanto, la sussistenza anche di una sola di esse è sufficiente a fare ritenere che un soggetto sia qualificato, ai fini fiscali, residente in Italia.

Si osserva che il comma 2 dell’articolo 16 del decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 147 non indica espressamente un periodo minimo di residenza estera, come, invece, previsto per i soggetti di cui al comma 1 del medesimo articolo 16.

A tale proposito, come chiarito con la risoluzione n. 51/E del 7 luglio 2018, considerato che il comma 2 prevede un periodo minimo di lavoro all’estero di due anni, si ritiene che per i predetti soggetti, la residenza all’estero per almeno due periodi d’imposta costituisce il periodo minimo sufficiente ad integrare il requisito della non residenza nel territorio dello Stato e a consentire, pertanto, l’accesso al regime agevolativo.

Con riferimento, infine, al requisito della residenza estera si evidenzia che, qualora il periodo di iscrizione all’AIRE risulti insufficiente o detta iscrizione non risulti affatto, trovano applicazione le disposizioni di cui al comma 5-ter inserito nell’articolo 16 del decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 147, secondo cui: “I cittadini italiani non iscritti all’Anagrafe degli italiani residenti all’estero (AIRE) rientrati in Italia a decorrere dal periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2019 possono accedere ai benefici fiscali di cui al presente articolo purché abbiano avuto la residenza in un altro Stato ai sensi di una convenzione contro le doppie imposizioni sui redditi per il periodo di cui al comma 1, lettera a). Con riferimento ai periodi d’imposta per i quali siano stati notificati atti impositivi ancora impugnabili ovvero oggetto di controversie pendenti in ogni stato e grado del giudizio nonché per i periodi d’imposta per i quali non sono decorsi i termini di cui all’articolo 43 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, ai cittadini italiani non iscritti all’AIRE rientrati in Italia entro il 31 dicembre 2019 spettano i benefici fiscali di cui al presente articolo nel testo vigente al 31 dicembre 2018, purché abbiano avuto la residenza in un altro Stato ai sensi di una convenzione contro le doppie imposizioni sui redditi per il periodo di cui al, comma 1, lettera a). Non si fa luogo, in ogni caso, al rimborso delle imposte versate in adempimento spontaneo”.

La ratio di tale norma è volta a valorizzare, per i soggetti che non risultano iscritti all’AIRE (o che vi risultano iscritti per un periodo inferiore a quello richiesto  dal comma 1 dell’articolo 16), la possibilità di comprovare il periodo di residenza all’estero sulla base delle Convenzioni contro le doppie imposizioni.

A tal fine, si ritiene che la richiamata disposizione trovi applicazione non solo per i soggetti che trasferiscono la residenza fiscale in Italia a partire dal periodo d’imposta 2020, ma anche per i contribuenti che hanno trasferito la residenza fiscale in Italia entro il periodo di imposta 2019.

Con riferimento al caso di specie, laddove l’Istante sia in grado di comprovare la residenza estera per gli anni di imposta 2016 e 2017 e sempreché risultino soddisfatti tutti gli altri requisiti richiesti dalla disciplina de qua potrà beneficiare dell’agevolazione fiscale di cui all’articolo 16 del decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 147 – come modificato dall’articolo 5 del decreto legge 30 aprile 2019, n. 34, convertito dalla legge 28 giugno 2019, n. 58 – a decorrere dall’anno di imposta 2018.

Resta fermo che la verifica della sussistenza dei presupposti per stabilire l’effettiva residenza fiscale di un soggetto riguarda elementi di fatto che, come precisato con circolare n. 9/E del 1° aprile 2016, non possono essere oggetto di istanza di interpello ai sensi dell’articolo 11 della legge 27 luglio 2000, n. 212. Il presente parere viene reso sulla base degli elementi e dei documenti presentati, assunti acriticamente così come illustrati nell’istanza di interpello, nel presupposto della loro veridicità e concreta attuazione del contenuto.

 

Fonte: Agenzia Entrate

La Redazione

Autore: La Redazione

Condividi questo articolo su