Agenzia Entrate: versamento delle ritenute negli appalti – società in house providing

L’Agenzia delle Entrate, con la risposta n. 118 del 17 febbraio 2021, ha fornito un chiarimento in merito all’applicazione della disciplina di contrasto dell’illecita somministrazione di manodopera ai rapporti in cui il soggetto committente è un ente pubblico territoriale (articolo 17-bis, del decreto legislativo n. 241 del 1997).

 

La risposta dell’Agenzia delle Entrate

In via preliminare, si osserva che esula dal presente parere la qualificazione giuridica dell’istante quale società in house providing del Comune, rimanendo in merito impregiudicato ogni potere di controllo da parte dell’amministrazione finanziaria.

L’articolo 4 del decreto legge 26 ottobre 2019, n. 124, convertito, con modificazioni, dalla legge 19 dicembre 2019, n. 157, ha introdotto nel decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, l’articolo 17-bis, rubricato «Ritenute e compensazioni in appalti e subappalti ed estensione del regime del reverse charge per il contrasto dellillecita somministrazione di manodopera».

Il comma 1 del predetto articolo impone ai soggetti che rivestono la qualifica di sostituti d’imposta sui redditi di lavoro dipendente e assimilati, residenti ai fini delle imposte sui redditi nel territorio dello Stato, che affidano il compimento di una o più opere o di uno o più servizi di importo complessivo annuo superiore a euro 200.000 a un’impresa, tramite contratti di appalto, subappalto, affidamento a soggetti consorziati o rapporti negoziali comunque denominati caratterizzati da prevalente utilizzo di manodopera presso le sedi di attività del committente con l’utilizzo di beni strumentali di proprietà di quest’ultimo o ad esso riconducibili in qualunque forma, di richiedere all’impresa appaltatrice o affidataria e alle imprese subappaltatrici, obbligate a rilasciarle, copia delle deleghe di pagamento relative al versamento delle ritenute, trattenute dall’impresa appaltatrice o affidataria e dalle imprese subappaltatrici ai lavoratori direttamente impiegati nell’esecuzione dell’opera o del servizio.

Tali obblighi, come previsto dai commi 5 e 6 dell’articolo 17-bis, non trovano applicazione se le imprese appaltatrici o affidatarie o subappaltatrici consegnano al committente la certificazione, messa a disposizione dall’Agenzia delle entrate, che attesta la sussistenza dei requisiti indicati alle lettere a) e b) del comma 5 del suddetto articolo.

Con la circolare n. 1/E del 12 febbraio 2020 sono stati forniti i primi chiarimenti in merito alla disciplina di cui al menzionato articolo 17-bis del decreto legislativo n. 214 del 1997. In particolare, con riferimento all’ambito soggettivo di applicazione, con detta circolare (paragrafo 2.2) è stato precisato che sono da escludersi «gli enti non commerciali (enti pubblici, associazioni, trust ecc.) limitatamente allattività istituzionale di natura non commerciale svolta».

Considerato che l’articolo 17-bis reca una serie di misure in materia di contrasto all’omesso o insufficiente versamento, anche mediante l’indebita compensazione, delle ritenute fiscali, si ritiene che la natura “commerciale” dell’attività svolta dall’ente vada considerata alla luce delle regole previste ai fini delle imposte dirette, a nulla rilevando la natura commerciale ai fini dell’IVA.

Ai fini della disciplina qui in esame, anche per gli enti territoriali di cui al comma 1 dell’articolo 74 del TUIR è necessario discriminare tutte quelle attività diverse dalle commerciali mutuando i principio contenuti nell’articolo 143 del TUIR per gli «enti non commerciali». In particolare, la disposizione appena menzionata dispone che «non si considerano attività commerciali le prestazioni di servizi non rientranti nell’articolo 2195 del codice civile rese in conformità alle finalità istituzionali dell’ente».

Per tali enti, in altri termini, a prescindere dalla rilevanza ai fini delle imposte dirette dei componenti di reddito relativi ai contratti qui in esame e dai principi adottati dall’ente ai fini dell’applicazione dell’IVA, la disciplina di cui all’articolo 17-bis trova applicazione esclusivamente in relazione alle attività qualificabili come “commerciali” nel senso sopra descritto.

Con  riferimento all’ambito   oggettivo di  applicazione, la  circolare n.  1/E sopramenzionata (paragrafo 3.2) ha chiarito che i presupposti al ricorrere dei quali si applica l’intera disciplina dell’articolo 17-bis, fatto salvo il ricorrere delle cause di esonero previste dal comma 5, sono:

  1. l’affidamento a un’impresa del compimento di un’opera o più opere o di uno o più servizi di importo complessivo annuo superiore ad euro 000;
  2. l’affidamento di cui al punto sub a) deve avvenire tramite contratti di appalto, subappalto, affidamento a soggetti consorziati o rapporti negoziali comunque denominati;
  3. i contratti di cui al punto sub b) devono essere caratterizzati da: c1) prevalente utilizzo di manodopera;

c2) prestazione svolta presso le sedi di attività del committente;

c3) utilizzo di beni strumentali di proprietà del committente o ad esso riconducibili in qualunque forma.

Con riferimento al punto sub a), la medesima circolare n. 1/E (paragrafo 3.2.1) ha chiarito che «L’affidamento riguarda «il compimento di una o più opere o di uno o più servizi»; rientreranno nell’ambito di applicazione della disposizione normativa in esame anche gli affidamenti misti di opere e servizi. L’affidamento deve essere poi riferito «a un’impresa»».

Per quanto concerne la condizione di cui al punto sub b), la stessa circolare n. 1/E (paragrafo 3.2.2) ha evidenziato che «Sia in relazione al contenuto letterale della disposizione normativa che fa riferimento ai «rapporti negoziali comunque denominati» sia alla ratio legis volta, come si è detto, alla deterrenza dei comportamenti consistenti nella violazione delle disposizioni tributarie in materia di IVA e di ritenute fiscali nei confronti dei lavoratori dipendenti, ciò che assume esclusiva rilevanza ai fini dell’applicabilità del comma 1 dell’articolo 17-bis non è il nomen iuris attribuito dalle parti ai contratti stipulati, ma l’effettivo ricorrere nei contratti comunque denominati del prevalente utilizzo di manodopera presso le sedi di attività del committente, con l’utilizzo di beni strumentali di proprietà del committente o ad esso riconducibili in qualunque forma».

Con riguardo all’elemento di cui al punto c3), la più volte richiamata circolare n. 1/E del 2020 (paragrafo 3.2.5), nel ribadire che il prevalente utilizzo della manodopera presso le sedi del committente deve altresì avvenire «con lutilizzo di beni strumentali di proprietà del committente o ad esso riconducibili in qualunque forma», ha precisato che i predetti beni strumentali «saranno ordinariamente macchinari e attrezzature che permettono ai lavoratori di prestare i loro servizi, ma ciò non esclude che siano utilizzate altre categorie di beni strumentali». Per altro verso, «loccasionale utilizzo di beni strumentali riconducibili al committente o lutilizzo di beni strumentali del committente, non indispensabili per lesecuzione dellopera o del servizio, non comportano il ricorrere della condizione di applicabilità in esame».

Con riferimento al caso di specie, la scrivente osserva che la questione posta dell’istante riguarda l’esclusione dell’applicabilità delle previsioni di cui all’articolo 17– bis in relazione ai rapporti intercorrenti (in ragione del contratto di affidamento di servizi per lo svolgimento, in favore del predetto Ente, di funzioni amministrative e servizi strumentali) con il Comune.

In via preliminare, essendo il soggetto committente (i.e. il Comune) un ente pubblico territoriale, la disciplina di cui all’articolo 17-bis si applica esclusivamente in relazione alle attività diverse da quella “istituzionale non commerciale”, nel senso sopra descritto, svolte dall’Ente.

In relazione alle attività di tale specie che rientrano nell’ambito del contratto di affidamento di servizi in essere con la società istante, sulla base di quanto descritto dall’istante, risultano soddisfatti i seguenti requisiti:

  • l’istante, in qualità di società per azioni, integra la nozione di “impresa” indicata nelle disposizioni qui in commento e risulta affidataria del compimento di uno o più servizi (di importo complessivo annuo superiore ad euro 200.000) da parte del Comune;
  • il predetto affidamento avviene tramite il contratto di servizi che, in  linea di principio, potrebbe determinare il ricorso al «prevalente utilizzo di manodopera presso le sedi di attività del committente, con l’utilizzo di beni strumentali di proprietà del committente o ad esso riconducibili in qualunque forma».

Cionondimeno, la scrivente osserva che, nel caso di specie, l’applicabilità della disciplina dell’articolo 17-bis sarebbe comunque esclusa dalla mancata sussistenza, relativamente all’ambito oggettivo di applicazione, del requisito di cui al punto c3) sopra riportato.

Infatti, secondo quanto rappresentato dalla società istante, i beni strumentali dalla stessa utilizzati al fine di eseguire le prestazioni contemplate dal contratto di affidamento di servizi sono di sua esclusiva proprietà, salvo l’ipotesi straordinaria di ricorso, dietro espressa autorizzazione del Comune, al nolo a caldo presso terzi.

Alla luce di quanto sopra, la scrivente ritiene che nel caso di specie, poiché secondo quanto rappresentato i beni strumentali utilizzati per l’esecuzione dei servizi affidati non sono di proprietà del committente, né ad esso riconducibili in qualunque forma, non sussistono i presupposti per l’applicazione della disciplina di cui all’articolo 17-bis del decreto legislativo n. 241 del 1997 ai rapporti tra l’istante e il Comune per l’affidamento dei servizi pluriennali di cui all’istanza.

Il presente parere viene reso sulla base degli elementi e dei documenti presentati, assunti acriticamente così come illustrati nell’istanza di interpello, nel presupposto della loro veridicità e concreta attuazione del contenuto.

 

 

Fonte: Agenzia Entrate

La Redazione

Autore: La Redazione

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