Articolo: Diritto alla NASpI in caso di licenziamento disciplinare e a seguito di conciliazione

articolo di approfondimento di Eufranio Massi per Generazione Vincente

 

Generazione Vincente

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“La Direzione Generale per l’Attivita’ Ispettiva, molto tempestiva sull’argomento, ha risposto, con l’interpello n. 13 del 24 aprile, ad un quesito della CISL circa l’interpretazione da dare all’art. 3 del D. L.vo n. 22/2013 riguardante il diritto alla NASpI , in vigore dal prossimo 1 maggio.
La questione sottoposta all’esame parte dalle perplessità sollevate dalla dizione della norma la quale afferma che la nuova indennità spetta ai lavoratori che abbiano perduto involontariamente la propria occupazione e che presentino una serie di requisiti che fanno riferimento:

A)   Allo stato di disoccupazione;

B)   Al fatto di essere in possesso, nei quattro anni antecedenti l’inizio del periodo di disoccupazione  di almeno tredici settimane di contribuzione;

C)   Al fatto che possano far valere, a prescindere dal minimale contributivo, nei dodici mesi antecedenti, almeno trenta giornate di lavoro effettivo.

La frase sopra riportata, leggermente diversa da quella con la quale fu definita dalla legge n. 92/2012 per la vecchia ASpI, aveva causato dubbi circa la fruibilità della prestazione in caso di licenziamento disciplinare, dovuto a colpa del lavoratore.

Il Dicastero del Lavoro, prendendo lo spunto dal fatto che l’art. 3 non prevede alcuna ipotesi di esclusione, ritiene che l’ipotesi del recesso disciplinare rientri nella fattispecie della c.d. “disoccupazione involontaria” con conseguente riconoscimento della NASpI. D’altra parte, tale interpretazione e’ in linea con l’interpello n. 29/2013 con il quale si era ritenuto sussistente l’obbligo del contributo di ingresso alla mobilità in caso di licenziamento disciplinare, avallando, in un certo senso, quanto l’INPS aveva sostenuto in numerose interpretazioni amministrative a partire dalla circolare n. 44/2013 ove, non era stata assolutamente esclusa l’ipotesi del licenziamento disciplinare. Del resto la qualificazione di tale recesso e’ rimessa alla libera determinazione dell’imprenditore, ha natura discrezionale ed è sempre passibile di impugnabilità, cosa che porta alla conclusione che “a priori” la disoccupazione non possa essere ritenuta volontaria e che il giudice potrebbe ritenere illegittimo il recesso….continua la lettura


 

 

Eufranio Massi

Autore: Eufranio Massi

esperto in Diritto del Lavoro - relatore a corsi di formazione in materia di lavoro

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