Articolo: I criteri di computo dei contratti a termine

articolo di approfondimento di Eufranio Massi per Generazione Vincente

 

Generazione Vincente

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“Una disposizione relativa ai nuovi contratti a termine che è passata quasi inosservata è quella contenuta nell’art. 27 del D. L.vo n. 81/2015: qui il Legislatore delegato ha esteso alla “quasi” generalità dei casi ciò che nel 2013, per effetto della legge comunitaria n. 97, era stato previsto per il calcolo dei dipendenti ai fini delle garanzie delle rappresentanze sindacali aziendali ex art. 35 della legge n. 300/1970.

Prima di entrare nel merito delle novità introdotte credo che sia necessario ricordare come fu variato dal Legislatore il computo del contratto a termine ai fini sopra indicati.

L’art. 35 stabilisce che per le imprese industriali e commerciali le norme contenute nel titolo III (attività sindacale) ad eccezione del primo comma dell’art. 27 (locali a disposizione delle rappresentanze sindacali aziendali), si applicano a ciascuna sede, stabilimento, filiale, ufficio o reparto autonomo che occupa più di quindici dipendenti. Per quelle agricole, invece, il limite dimensionale è fissato ad almeno sei dipendenti. Queste norme trovano applicazione anche nei confronti delle imprese industriali e commerciali che nello stesso comune occupano almeno sedici dipendenti e delle imprese agricole  che nel medesimo ambito territoriale occupano più di cinque dipendenti, anche se ciascuna unità produttiva, di per sé considerata, non raggiunge tali limiti. E’ appena il caso di ricordare come per unità produttiva si intenda, per giurisprudenza costante, quella entità aziendale che si caratterizzi per sostanziali condizioni imprenditoriali di indipendenza tecnica ed amministrativa, tali che in essa si svolga e si concluda il ciclo relativo, o una frazione, o un momento essenziale dell’attività produttiva aziendale.

Da quanto appena detto, discende una applicazione concreta dei nuovi criteri: in presenza di più contratti a termine sviluppatisi nel corso degli ultimi ventiquattro mesi (criterio mobile che va calcolato, a ritroso dal momento in cui sarà necessario fare il computo) dovranno essere sommate le durate dei singoli rapporti per cui, ad esempio, se nel biennio precedente sono stati stipulati contratti a tempo determinato di 8, 10 e 9 mesi, occorrerà sommare i periodi ed il risultato di 27 dovrà essere diviso per 24, dando un totale di 1, 12 arrotondato per difetto ad una unità lavorativa.

Detto questo, entro nel merito della questione osservando che il Legislatore delegato premette, all’applicazione della regola generale, la frase “salvo che sia diversamente disposto”, cosa che, ad esempio, riguarda una serie di disposizioni specifiche tra le quali spicca il computo relativo alla base di calcolo per i disabili…continua la lettura

Eufranio Massi

Autore: Eufranio Massi

esperto in Diritto del Lavoro - relatore a corsi di formazione in materia di lavoro

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