Articolo: intervista al Ministro del Lavoro Giuliano Poletti

intervista al Ministro del Lavoro Giuliano Poletti, in occasione del Convegno Jobs Act in pregress (pubblicato sulla rivista Ipsoa Quotidiano)

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Sono convinto che il disegno di legge delega Jobs act verrà approvato entro la fine dell’anno. Una volta approvato, partiremo subito con i decreti legislativi di attuazione, con l’obiettivo prioritario di rendere operativo il contratto a tempo indeterminato a tutele crescenti a gennaio, in modo che le imprese ed i lavoratori possano subito utilizzare le misure di riduzione del costo del lavoro, previste proprio per questo tipo di contratto, inserite nella legge di Stabilità”. E’ quanto dichiarato a IPSOA Quotidiano dal Ministro Giuliano Poletti, in occasione della quinta edizione del convegno “Jobs act in progress. Dalla L.78/2014 alla legge delega”, organizzato dall’Università di Modena e Reggio Emilia con la collaborazione del sito Dottrina Per il Lavoro (www.dottrinalavoro.it) e di Wolters Kluwer.

Ministro Poletti, quali sono i tempi che il Governo prevede per i decreti attuativi della Delega Lavoro?

Sono convinto che il disegno di legge delega verrà approvato entro la fine dell’anno. Una volta approvato, partiremo subito con i decreti legislativi di attuazione, con l’obiettivo prioritario di rendere operativo il contratto a tempo indeterminato a tutele crescenti a gennaio, in modo che le imprese ed i lavoratori possano subito utilizzare le misure di riduzione del costo del lavoro, previste proprio per questo tipo di contratto, inserite nella Legge di Stabilità. Sarà questo il modo per far crescere in maniera rilevante i contratti a tempo indeterminato che oggi rappresentano solo il 15% dei nuovi avviamenti al lavoro. L’altro capitolo sul quale vogliamo intervenire rapidamente è il riordino delle tipologie contrattuali, per ridurne il numero ed eliminare quelle che danno più spazio alla precarietà.

Ritiene che il contratto a tempo indeterminato a tutele crescenti unitamente all’intervento sull’articolo 18 e alla decontribuzione siano sufficienti per riavviare un mercato del lavoro in sofferenza?

Il lavoro, deve essere chiaro, lo creano le imprese. Per questo è importante, ed è l’obiettivo verso il quale il Governo sta indirizzando la sua azione, rafforzare la fiducia delle imprese, che è la premessa indispensabile perché queste aumentino la propensione ad investire e, di conseguenza, ad incrementare l’occupazione. Detto questo, credo che norme che rendano più semplice, sicuro e conveniente l’avvio e la gestione di nuovi rapporti di lavoro siano un sostegno importante ad una ripartenza del mercato del lavoro.

Quali sono le aspettative del Governo circa la Garanzia Giovani?

Garanzia Giovani è il primo, vero banco di prova della capacità del nostro Paese di sperimentare, su larga scala, quelle politiche attive per il lavoro che sempre più, come dicevo prima, dovranno avere un ruolo centrale nel prossimo futuro. L’obiettivo del programma è quello di stimolare la partecipazione attiva dei giovani che non studiano e non lavorano per offrire loro un ventaglio di opportunità, aumentando e migliorando il loro grado di occupabilità. I circa 300.000 giovani che fino ad oggi si sono registrati, il 30% dei quali sono già stati profilati e presi in carico dai centri per l’impiego e dalle agenzie accreditate, sono un risultato non disprezzabile, se si considera che per la prima volta, in Italia, la collettività non lascia a se stessi i giovani che hanno finito gli studi e che non hanno un’occupazione, stimolando la loro attivazione. E questo ci spinge ad intensificare il nostro impegno per una piena realizzazione del piano. Stiamo cercando di migliorare il monitoraggio dello stato di attuazione, implementando iniziative per accrescere il coinvolgimento delle imprese e dando una mano alle Regioni che registrano qualche difficoltà in più ad adottare rapidamente i bandi necessari all’impiego delle risorse previste nella Garanzia. In ogni caso, l’importanza che attribuiamo a Garanzia Giovani è testimoniata dal fatto che l’Italia – che comunque, dopo la Francia, è il primo Paese ad aver visto approvato il piano nazionale di attuazione da parte della Commissione Europea – propone ai partner dell’Unione di renderlo strumento stabile di politica per l’occupazione rivolto ai giovani.

Possiamo dire agli operatori che l’attuazione del Jobs Act creerà semplificazioni che consentiranno di eliminare controlli, adempimenti procedurali e registrazioni rendendo più semplice ed efficace il normale svolgersi delle attività imprenditoriali?

Sicuramente sì. Nella delega sono previste la riduzione e la semplificazione degli oneri di gestione del rapporto di lavoro, insieme con la razionalizzazione e la semplificazione dell’attività ispettiva, eventualmente anche attraverso la costituzione di un’Agenzia unica per le ispezioni del lavoro che integri in un’unica struttura i servizi ispettivi del Ministero del lavoro dell’INPS e dell’INAIL ed operi in coordinamento con le ASL e l’ARPA. Sono tutte misure che rispondono all’esigenza di semplificare lo svolgimento delle attività dell’imprenditore, in linea con un’azione più complessiva del Governo orientata a ridurre il peso della burocrazia ed a rendere così più agevole la vita ai cittadini.

Ritiene che il contratto di apprendistato verrà ulteriormente modificato?

Il ricorso al contratto di apprendistato è stato reso più agevole dalla norma contenuta nel “decreto lavoro”, convertito in legge lo scorso maggio. Al momento non prevediamo di intervenire ulteriormente su questo tipo di contratto, anche perché qualche risultato si inizia già a vedere. Nel secondo trimestre del 2014, infatti, si registra un aumento dei contratti di apprendistato, su base tendenziale, del 16%, con una decisa inversione della tendenza alla diminuzione iniziata con il varo del Testo Unico sull’apprendistato nell’aprile del 2012. Per quanto riguarda l’alternanza scuola-lavoro, voglio ricordare che a giugno di quest’anno è stato firmato un decreto interministeriale – Istruzione, Lavoro, Economia – che contempla, già a partire dall’anno scolastico in corso, la sperimentazione dell’apprendistato, con valore di credito formativo, per gli studenti del quarto e quinto anno delle scuole superiori. Un’innovazione assoluta per la scuola italiana, che punta ad offrire una risposta concreta alla disoccupazione giovanile. Obiettivo della sperimentazione, infatti, è consentire agli studenti italiani di inserirsi in un contesto aziendalegià prima della conclusione del loro percorso scolastico e del diploma, alternando la frequenza scolastica con la formazione e il lavoro in azienda.

Quali le novità della riforma del sistema ammortizzatori sociali?

La legge delega prevede importanti novità sul piano sia delle politiche passive sia delle politiche attive per il lavoro. Per quanto riguarda le prime, relativamente agli strumenti di tutela nel corso del rapporto di lavoro, la nostra intenzione è di ampliare il numero dei lavoratori e delle imprese beneficiari degli strumenti di tutela del reddito nel caso di crisi transitorie e superabili, controbilanciato dalla promozione di un uso di tali strumenti limitato ai casi in cui l’impresa ha esaurito le possibilità di fronteggiare il calo dell’attività con corrispondente riduzione dell’impiego dei lavoratori, proporzionato alle effettive esigenze di utilizzo e finanziato dalle imprese che vi fanno ricorso anche in proporzione all’utilizzo effettivo. In caso di disoccupazione involontaria, prevediamo l’ampliamento dei lavoratori beneficiari dell’ASpI, con l’obiettivo di includere anche i lavoratori coordinati e continuativi e commisurare l’entità e la durata della tutela alla storia contributiva del lavoratore, e la possibile introduzione, per il tempo successivo al godimento dell’ASpI, di uno strumento di tutela del reddito per i lavoratori in condizioni di particolare difficoltà, condizionato alla partecipazione alle iniziative di attivazione proposte dai servizi competenti.

Sul piano delle politiche attive per il lavoro, ci poniamo l’obiettivo di fondo di un loro rafforzamento. Per raggiungerlo proponiamo, accanto al massimo impiego delle potenzialità offerte dai sistemi informatici ed alla valorizzazione delle sinergie pubblico-privato, la costituzione di un’Agenzia Nazionale per il Lavoro che migliori la capacità di presidio dell’incontro tra domanda ed offerta di lavoro. Quello che vogliamo, insomma, è passare da una “cultura del sussidio”, che ha ispirato il modello attuale delle politiche del lavoro ed ha spesso indotto nei fruitori di questi interventi un atteggiamento di passività sicuramente non positivo, ad una cultura delle opportunità, basata sull’impegno attivo per una ricollocazione di chi ha perso il lavoro. È una sfida non facile, perché implica da un lato un ruolo diverso dei servizi per l’impiego, che andranno rafforzati e qualificati, e, dall’altro, una disponibilità ad “attivarsi” da parte di chi è in cerca di un lavoro. Ma va affrontata con decisione per costruire un mercato del lavoro al passo con i tempi.

Si parla nel Jobs Act dell’Agenzia Nazionale per il lavoro compartecipata da Ministero, INPS e Regioni che gestisca tutte le politiche attive del lavoro, dal collocamento, all’orientamento, all’Aspi. Come procederà il Governo?

Credo sia utile ricordare che, in base all’attuale assetto istituzionale del Paese, le competenze in materia di formazione e di politiche attive per il lavoro sono in capo alle Regioni. E nessuno pensa ad una “ricentralizzazione” di queste funzioni in capo al livello statale. L’Agenzia per il Lavoro è concepita come uno strumento che superi la frammentazione e le sovrapposizioni della strumentazione attuale, esercitando un’azione di “coordinamento” dei vari soggetti, in modo, come dicevo prima, da potenziare il sistema che presidia l’incontro della domanda e dell’offerta di lavoro. Credo che le Regioni possano sicuramente assicurare un impegno attivo in un disegno di questo tipo.

Una delle novità più significative della Legge di Stabilità riguarda la possibilità per i lavoratori che vorranno aderire di chiedere una anticipazione in busta paga del TFR. Cosa pensa di questa norma?

Premesso che il sistema bancario ha dichiarato la propria disponibilità a fornire il proprio supporto alle imprese che dovessero fronteggiare problemi di liquidità, penso che si tratti di una decisione ispirata all’intenzione di offrire un’opportunità. Si vuole cioè dare al lavoratore che si trovi nella condizione di aver bisogno di incrementare il proprio reddito disponibile la possibilità di averlo mensilmente in busta paga. Si badi bene: è un’opportunità condizionata alla libera scelta del singolo che può, ovviamente, decidere di lasciare il TFR in azienda o nel fondo di previdenza complementare. Credo, insomma, che dare ad un cittadino la possibilità di decidere responsabilmente di utilizzare delle risorse economiche che gli appartengono, secondo le proprie convenienze e necessità, sia un atto di libertà.

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Autore: La Redazione

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