Articolo: Periodo di preavviso: il dettato normativo e le questioni operative

approfondimento di Eufranio Massi per Generazione Vincente

 

Generazione Vincente

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“Il preavviso, istituto “consolidato” nel nostro codice civile all’art. 2118, ha una specifica funzione:

la parte che recede dal rapporto deve, in via generale (con le eccezioni di cui parlerò tra poco) rispettare un periodo nel quale il rapporto continua fino al momento in cui lo stesso cessa per effetto della risoluzione unilaterale del contratto. Il significato è evidente: si vuole evitare che la cessazione immediata rechi danno all’altro contraente.

Tale principio ha una conseguenza evidente: il rapporto continua regolarmente cosa che comporta, ad esempio, che il lavoratore deve rispettare i contenuti tipici scaturenti dal contratto come la fedeltà, la diligenza e la subordinazione, che il datore di lavoro continua ad esercitare il proprio potere direttivo e disciplinare, che il dipendente ha diritto ad eventuali scatti economici derivanti dall’applicazione del CCNL o dal rinnovo dello stesso. La durata del periodo viene determinata dalla contrattazione collettiva la quale lo determina, in maniera diversa, secondo la categoria legale di inquadramento, secondo l’anzianità e, talora, anche in relazione alla motivazione alla base del recesso (licenziamento o dimissioni). Mancando le determinazioni contrattuali (ma la questione, a mio avviso, appare del tutto marginale) occorre riferirsi per i soli impiegati (direttivi, di concetto e tecnici) all’art. 10 del R.D. n. 1825/1924 che ne fissa la durata in relazione all’anzianità di servizio ed al livello, mentre per gli operai nulla si afferma se non che in mancanza di CCNL il parametro di riferimento si rinviene negli usi o nell’equità. Il preavviso, essendo un atto unilaterale ricettizio, decorre dal momento in cui viene a conoscenza dell’altra parte: è la contrattazione collettiva che determina le modalità di computo (e, quindi, nella gran parte dei casi non ci sono problemi), ma la mancanza di uno specifico criterio fa sì che, secondo la giurisprudenza, il computo si effettui secondo lo “scorrere del calendario” e non dei giorni lavorativi.”….continua la lettura

Eufranio Massi

Autore: Eufranio Massi

esperto in Diritto del Lavoro - relatore a corsi di formazione in materia di lavoro

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