Cassazione: impugnazione di licenziamento susseguente ad una procedura collettiva inefficace

tribunale

Con sentenza n. 16134 del 15 luglio 2014, la Cassazione ha affermato che un lavoratore può legittimamente impugnare un licenziamento sulla base di vizi nella procedura collettiva di riduzione di personale (nel caso di specie l’art. 4,comma 9, della legge n. 223/1991 web), pur se non li ha indicati esplicitamente nel ricorso, essendo sufficiente che il vizio venga dedotto anche genericamente ma, in maniera tale, da far emergere, comunque, la volontà di impugnare la procedura.

 

I giudici della Suprema Corte hanno, inoltre, riepilogato gli obblighi di comunicazione che incombono sul datore di lavoro in caso di procedura di licenziamento collettivo legge n. 223/1991 web, ed ha ricordato che:

– in tema di collocamento in mobilità e licenziamento collettivo in sede giudiziale, il controllo della correttezza procedurale delle operazioni e, in particolare, il rispetto degli artt. 4 e 5 della Legge n. 223/1991, ha un ruolo di rilievo primario (Cass. 26 febbraio 2009, n. 4653; Cass. 26 agosto 2013, n. 19576);

– l’importanza degli oneri di comunicazione in sede di apertura e chiusura della procedura di mobilità è confermata dalla previsione della sanzione dell’inefficacia dei licenziamenti, anche nel caso di comunicazione iniziale o finale incompleta o infedele (Cass. 23 ottobre 2009, n. 22825);

– in particolare, la comunicazione di avvio della procedura ex art. 4, comma 3, della Legge 23 luglio 1991, n. 223, rappresenta una cadenza essenziale per la proficua partecipazione alla cogestione della crisi da parte del sindacato e per la trasparenza del processo decisionale del datore di lavoro (Cass. 20 marzo 2013, n. 6959; Cass. 6 aprile 2012, n. 5582);

– la procedura di cui agli artt. 4 e 5 della Legge n. 223/1991 è finalizzata alla tutela non solo degli interessi delle organizzazioni sindacali ma, anche, dell’interesse pubblico, correlato all’occupazione in generale ed ai costi della mobilità, e dell’interesse dei lavoratori alla conservazione del posto di lavoro e, in particolare alla verifica dei criteri di scelta sotto il profilo del loro carattere di generalità, obiettività e coerenza con il fine dell’istituto della mobilità, sicché è da escludere che l’accordo tra il datore di lavoro e le organizzazioni sindacali faccia perdere rilevanza al mancato espletamento o al radicale stravolgimento della procedura medesima (Cass. 7 giugno 2003, n. 9173; Cass, 16 maggio 2006, n. 11101);

– la sanzione dell’inefficacia prevista dall’art. 5 della legge citata per il caso di inosservanza delle procedure di cui all’art. 4, si applica anche al caso di violazione della disposizione dell’art. 4, comma 9, sulla comunicazione ai competenti uffici del lavoro e alle organizzazioni sindacali delle specifiche modalità di applicazione dei criteri di scelta (Cass. 20 novembre 2000, n. 14968; Cass. 8 gennaio 2003, n. 86; Cass. 11 luglio 2007, n. 15479; Cass. 26 luglio 1996, n. 6759).

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Autore: La Redazione

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