Min. Lavoro: interpello – Ass. Consulenti del Lavoro e gestione di patronati e assistenza sociale

La Direzione Generale per l’Attività Ispettiva del Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale, rispondendo ad un quesito avanzato dall’Associazione Nazionale Consulenti del Lavoro in merito alla possibilità che la previsione di cui all’art. 2, comma 1, della legge n. 152/2001 consenta di considerare la stessa Associazione quale soggetto idoneo a costituire e gestire gli Istituti di patronato e assistenza sociale e se, in tale prospettiva, il singolo consulente del lavoro possa essere consociato individualmente quale datore di lavoro, senza essere assoggettato alla legge n. 12/1979, nonché se sia possibile per l’ANCL avvalersi di lavoratori dipendenti o di collaboratori che operano in modo autonomo utilizzando la struttura fornita dal singolo professionista, si è così espresso:

“La norma, nel punto che riconosce alle confederazioni e alle associazioni di lavoratori la facoltà di costituire e gestire gli enti di patronato, è confermativa dei criteri precedentemente in vigore (art. 2 comma 1 d.l.c.p.s. n. 804/1947 e art. 2 d.p.r. n. 1017/1986, emanato ai sensi della l. n. 112/1980) e pertanto, non innovando sostanzialmente la natura giuridica degli organismi promotori, sembra voler continuare ad attribuire tale facoltà solo alle associazioni di lavoratori subordinati e/o autonomi – non riconducibili agli ordini professionali – tradizionalmente meritevoli di tutela sociale”.  “Altra questione è quella che concerne la configurazione del singolo Consulente del Lavoro quale “datore di lavoro” come tale associabile direttamente all’ANCL: seppure in linea teorica tale ricostruzione giuridica della soggettività datoriale del consulente sia ben possibile, in concreto l’associarsi del professionista al sodalizio in questione è del tutto afferente e subordinato al rispetto integrale delle previsioni di cui alla legge n. 12/1979. Infine, quanto all’ipotizzata possibilità per l’ANCL di avvalersi di lavoratori dipendenti o di collaboratori, si intende del singolo professionista, che operano “in forma diretta ed autonoma” e “in modo volontario e gratuito” presso la struttura di quest’ultimo, si deve escluderne in radice la praticabilità, in ragione della naturale coincidenza o comunque commistione di ruoli che non appare in alcun modo consentita”.

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Autore: La Redazione

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