Agenzia Entrate: incentivi per il rientro in Italia di ricercatori residenti all’estero

L’Agenzia delle Entrate, con l’interpello n. 33 dell’11 ottobre 2018, fornisce risposta in merito agli incentivi previsti per il rientro in Italia di ricercatori residenti all’estero, ai sensi prevista dall’art. 44 del decreto legge n. 78 del 2010.

 

Questa la risposta dell’Agenzia delle Entrate:

 

L’articolo 44, del d.l. 31 maggio 2010, n. 78, dispone che: “Ai fini delle imposte sui redditi è escluso dalla formazione del reddito di lavoro dipendente o autonomo il novanta per cento degli emolumenti percepiti dai docenti e dai ricercatori che, in possesso di titolo di studio universitario o equiparato e non occasionalmente residenti all’estero, abbiano svolto documentata attività di ricerca o docenza all’estero presso centri di ricerca pubblici o privati o università per almeno due anni continuativi e che vengono a svolgere la loro attività in Italia, acquisendo conseguentemente la residenza fiscale nel territorio dello Stato“.

Come precisato con circolare n. 17/E del 23 maggio 2017, Parte II, paragrafo 1.2, per quanto concerne i requisiti soggettivi “in base a quanto disposto dall’articolo 44 del decreto legge n. 78 del 2010, i docenti e ricercatori possono beneficiare della tassazione agevolata, al verificarsi delle seguenti condizioni:

a) essere in possesso di un titolo di studio universitario o equiparato;
b) essere stati non occasionalmente residenti all’estero;
c) aver svolto all’estero documentata attività di ricerca o docenza per almeno due anni continuativi, presso centri di ricerca pubblici o privati o università;
d) svolgere l’attività di docenza e ricerca in Italia;
e) acquisire la residenza fiscale nel territorio dello Stato”.

In relazione al requisito sub e) la citata circolare n. 17/E del 2017 continua, “la norma prevede espressamente che il docente o il ricercatore acquisisca la residenza fiscale nel territorio dello Stato e ciò avvenga in conseguenza dello svolgimento della attività lavorativa in Italia”.

La norma, tuttavia, non indica il lasso di tempo che deve intercorrere tra il trasferimento in Italia e l’inizio dell’attività lavorativa. Il collegamento tra l’ingresso in Italia e lo svolgimento dell’attività di docenza e ricerca produttiva del reddito agevolato si può ritenere che sussista sia nel caso in cui il docente o il ricercatore abbia iniziato a svolgervi l’attività prima di trasferirvi la residenza sia nel caso in cui abbia trasferito la residenza in Italia ed abbia poi iniziato a svolgervi l’attività purché sia ravvisabile un collegamento tra i due eventi.

L’attività lavorativa”, precisa la circolare n. 17/E del 2017, Parte II, paragrafo 3.1 (richiamato dal predetto paragrafo 1.2), “si considera iniziata, … se trattasi di lavoro dipendente, alla data da cui decorrono l’obbligo della prestazione lavorativa e l’obbligo della remunerazione, indipendentemente dalla natura a tempo indeterminato o determinato del rapporto stesso”.

Il rientro in Italia per lo svolgimento dell’attività di docenza e ricerca deve necessariamente essere seguito dall’acquisizione della residenza fiscale, in quanto la norma in esame recita: “acquisendo conseguentemente la residenza fiscale nel territorio dello Stato”.

A tal proposito la detta circolare n. 17/E del 2017, Parte I, chiarisce che occorre fare riferimento alle disposizioni contenute nell’articolo 2, del TUIR, il quale considera residenti in Italia le persone fisiche che, per la maggior parte del periodo d’imposta (183 giorni o 184 giorni in caso di anno bisestile), sono iscritte nelle anagrafi della popolazione residente o hanno nel territorio dello Stato la residenza o il domicilio ai sensi del codice civile. Tali condizioni sono tra loro alternative, per cui la sussistenza anche di una sola di esse è sufficiente a qualificare, ai fini fiscali, un soggetto residente in Italia.

L’attività svolta alle dipendenze di un istituto di ricerca italiano presuppone, per la fruizione dell’agevolazione in argomento, quindi, che il dipendente risulti fiscalmente residente in Italia e che sia ravvisabile un collegamento fra il rientro in Italia e l’inizio dell’attività – come sopra precisato – di docenza o ricerca nel territorio dello Stato.

Nel caso di specie ALFA rappresenta che Tizio è in possesso del titolo di studio di Laurea Specialistica conseguito presso l’Università di ………. e del titolo di ……… conseguito presso la stessa ALFA, dove risulta attualmente in servizio con qualifica di ricercatore a tempo determinato, ai sensi della Legge n. 240 del 2010, fino al ….. 2019.

Dichiara, altresì, che il ricercatore risulta essere stato iscritto all’AIRE dal ….. 2013, svolgendo attività di ricerca presso istituti di ricerca esteri per almeno due anni consecutivi e che ha acquisito la residenza anagrafica in Italia da settembre 2017.

Secondo quanto rappresentato da ALFA, alla stipula del contratto di lavoro a tempo determinato dell’ottobre 2015, il ricercatore non ha fatto seguire l’acquisizione della residenza fiscale in Italia dal periodo d’imposta 2016 ed ha continuato a svolgere la propria attività all’estero fino a settembre 2017, ancorché con brevi intervalli in cui ha svolto l’attività in Italia.

Si precisa che i suddetti elementi non formano oggetto di controllo in sede di interpello (cfr. circolare n. 9/E del 1° aprile 2016).

Si osserva che il rientro in Italia nel settembre 2017, coincidente con l’iscrizione all’Anagrafe della popolazione residente del Comune di ………….., intervenuta successivamente all’instaurarsi del rapporto di lavoro con ALFA per svolgere l’attività di ricerca in Italia, fa sì che non sia ravvisabile un nesso tra i due eventi e, quindi, non risulta soddisfatta la vis attrattiva della norma.

 

Fonte: Agenzia Entrate

La Redazione

Autore: La Redazione

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