Articolo: Gruppo di imprese e obbligo di repêchage

approfondimento di Andrea Loro – Avvocato

Estratto dal n. 6/2019 di Diritto & Pratica del Lavoro (Settimanale IPSOA)

Vuoi abbonarti a Diritto & Pratica del Lavoro? Solo per i lettori del sito c’è uno sconto del 10%, basta inserire questo Codice Sconto: 00718-773110 – Scarica un numero omaggio

 

Diritto_pratica_lavoro“La Corte di Cassazione affronta il tema dell’obbligo, gravante sul datore di lavoro, di valutare la possibilità ricollocazione del dipendente (c.d. “repêchage”), preliminarmente alla decisione di  procedere con il licenziamento per giustificatomotivo oggettivo.

La sentenza riveste particolare interesse perché il suddetto tema viene sviluppato con riferimento ad un soggetto datoriale facente parte di un c.d. “gruppo di imprese” (alcune delle quali all’estero), e consente – quindi – di delineare i limiti del descritto obbligo di “repêchage”.

La questione affrontata

Un’azienda (articolazione italiana di una società americana e facente parte di un gruppo di imprese collegate funzionalmente ad un’unica “casa madre”) decideva la chiusura di un’unità operativa a seguito della decisione di concentrare l’attività in alcuni laboratori del gruppo presenti in USA.

Conseguentemente, la stessa intimava il licenziamento per giustificato motivo oggettivo ad un lavoratore addetto a tale unità operativa.

Questi impugnava il provvedimento datoriale deducendone la natura discriminatoria (in quanto asseritamente connesso a propri problemi di salute) e, in subordine, deducendo l’insussistenza del giustificato motivo oggettivo di licenziamento. In particolare, il lavoratore sosteneva che l’azienda non avesse correttamente adempiuto al preliminare obbligo di valutare la possibilità della sua ricollocazione anche in altre  aziende facenti parte del medesimo gruppo (alcune delle quali anche all’estero), oltre al mancato rispetto dell’obbligo di correttezza e buona fede nell’individuazione del lavoratore da licenziare.

Il giudice di primo grado e la Corte d’Appello di Milano respingevano le domande del lavoratore che proponeva, quindi, ricorso per Cassazione.

Il ricorso per Cassazione

Il lavoratore chiedeva la riforma della sentenza di Appello per tre ordini di ragioni:

• erronea attribuzione al lavoratore dell’onere di allegazione delle circostanze riguardanti l’obbligo di repêchage;

• mancata offerta datoriale di una posizione lavorativa alternativa, anche in mansioni inferiori, tenuto conto dell’interesse primario del lavoratore alla conservazione del posto (al fine di evitare l’extrema ratio del licenziamento);

• difetto di allegazione e prova, a carico datoriale, dell’impossibilità di collocare il lavoratore in riferimento a tutte le sedi aziendali (anche all’estero) in assenza di alcun rifiuto del dipendente che, anzi, all’atto   dell’assunzione aveva accettato la possibilità di prestare la propria attività anche all’estero..”…continua la lettura

Wolters Kluwer Italia

Autore: Wolters Kluwer Italia

Editore di libri e periodici in materia giuridica

Condividi questo articolo su