Consiglio di Stato: provvedimento di disposizione anche per violazione dei contratti collettivi
Con sentenza n. 2778/2024, pubblicata il 21 marzo 2024, la terza sezione del Consiglio di Stato estende il potere di disposizione anche a violazioni dei contratti e accordi collettivi di lavoro, in quanto il provvedimento esprime una valutazione dell’ordinamento di rilevanza pubblicistica dell’esigenza di una piena ed effettiva applicazione degli stessi, tale da meritare attenzione a livello amministrativo anche indipendentemente dalle reazioni e iniziative civilistiche dei singoli lavoratori interessati.
È evidente – continua il Consiglio di Stato – che il meccanismo di cui all’art. 14, d.lgs. n. 124 del 2004, incentrato sulla sollecitazione di una attività “collaborativa” da parte del datore di lavoro, che può concludersi con l’eliminazione spontanea delle irregolarità riscontrate, può svolgere anche un’importante funzione preventiva e deflattiva del contenzioso giuslavoristico.
È fondamentale – conclude il Consiglio di Stato – che vi sia una valida ed evidente motivazione alla base del provvedimento degli ispettori del lavoro. Ciò in quanto il Provvedimento di disposizione è motivato ob relationem con il richiamo alla documentazione di lavoro ed alle “dichiarazioni acquisite”. È possibile motivare con riferimento ad atti o fatti non riportati nello stesso provvedimento, criterio questo ritenuto sufficiente ad assolvere il precetto introdotto dall’art. 3, Legge n. 241/1990. È noto, infatti, che ove il provvedimento amministrativo sia preceduto da atti istruttori o da pareri, l’obbligo della motivazione può ritenersi adeguatamente assolto anche con il mero richiamo ad essi, giacché sottintende l’intenzione dell’Autorità emanante di farli propri, assumendoli a causa giustificativa della determinazione adottata. Condizione indefettibile di tale operazione, sovente giustificata anche da esigenze di economia e celerità procedimentali, è che essi risultino menzionati nel testo del provvedimento e resi accessibili al privato, in modo da consentirgli di prenderne visione anche in ossequio alla normativa sul diritto di accesso ai documenti amministrativi.
Nel caso specifico, qualora il Provvedimento di disposizione faccia un generico riferimento a dichiarazioni rese, senza riportare ulteriori specificazioni e senza, dunque, consentire di capire le ragioni che hanno portato a ritenere erroneo l’inquadramento del personale, tale atto va censurato.
La sentenza n. 2778/2024
Fonte: Consiglio di Stato