Agenzia Entrate: i buoni pasto ai lavoratori agili non concorrono alla formazione del reddito

L’Agenzia delle Entrate, con la risposta n. 123 del 22 febbraio 2021, ha fornito un chiarimento in merito al trattamento fiscale dei servizi sostitutivi delle somministrazioni di vitto in favore dei lavoratori dipendenti che svolgono l’attività lavorativa inmodalità di lavoro agile.

 

La risposta dell’Agenzia delle Entrate

In deroga al principio di onnicomprensività che disciplina il reddito di lavoro dipendente, l’articolo 51, comma 2, lettera c), del Tuir prevede che non concorrono alla formazione del reddito del lavoratore dipendente «le somministrazioni di vitto da parte del datore di lavoro nonché quelle in mense organizzate direttamente dal datore di lavoro o gestite da terzi; le prestazioni sostitutive delle somministrazioni di vitto fino all’importo complessivo giornaliero di euro 4, aumentato a euro 8 nel caso in cui le stesse siano rese in forma elettronica; le indennità sostitutive delle somministrazioni  di vitto corrisposte agli addetti ai cantieri edili, ad altre strutture lavorative a carattere temporaneo o ad unità produttive ubicate in zone dove manchino strutture o servizi di ristorazione fino all’importo complessivo giornaliero di euro 5,29».

La ratio sottesa a tale regime fiscale di favore è ispirata dalla volontà del legislatore di detassare le erogazioni ai dipendenti che si ricollegano alla necessità del datore di lavoro di provvedere alle esigenze alimentari del personale che durante l’orario di lavoro deve consumare il pasto (cfr. risoluzione 30 ottobre 2006, n. 118/E).

La riportata disposizione disciplina distinte ipotesi di somministrazione di vitto e precisamente:

  1. la gestione, anche tramite terzi, di una mensa da parte del datore di lavoro;
  2. la prestazione di servizi sostitutivi di mense aziendali (es., sotto forma di buoni pasto);
  3. la corresponsione di una somma a titolo di indennità sostitutiva di mensa.

Fatta salva l’ipotesi a), che esclude l’emersione di un reddito di lavoro dipendente, nelle altre modalità di somministrazione del vitto, invece, è prevista, anche se in diversa misura, la rilevanza reddituale della stessa.

L’articolo 4 del decreto del Ministero dello sviluppo economico 7 giugno 2017, n. 122 (Regolamento recante disposizioni in materia di servizi sostitutivi di mensa, in attuazione dell’articolo 144, comma 5, del decreto legislativo 18 aprile 2016, 50) prevede che ai sensi del presente decreto «i buoni pasto:

  1. consentono al titolare di ricevere un servizio sostitutivo di mensa di importo pari al valore facciale del buono pasto;
  2. consentono all’esercizio convenzionato di provare documentalmente l’avvenuta prestazione nei confronti delle società di emissione;
  3. sono utilizzati esclusivamente dai prestatori di lavoro subordinato, a tempo pieno o parziale, anche qualora l’orario di lavoro non prevede una pausa per il pasto, nonché dai soggetti che hanno instaurato con il cliente un rapporto di collaborazione anche non subordinato;
  4. non sono cedibili, cumulabili oltre il limite di otto buoni, commercializzabili o convertibili in denaro e sono utilizzabili solo dal titolare;
  5. sono utilizzabili esclusivamente per l’intero valore facciale».

Al riguardo, analogamente a quanto affermato con nella risoluzione n. 118/E del 2006, con la quale sono stati forniti chiarimenti in relazione alla portata dell’articolo 5, comma 1, lettera c), del d.P.C.M. 18 novembre 2005, disciplinante l’«Affidamento e gestione dei servizi sostitutivi di mensa», la cui formulazione ricalca, per quanto di interesse in questa sede, quella del citato D.M. n. 122 del 2017, si rileva che il buono pasto può essere corrisposto da parte del datore di lavoro in favore dei dipendenti assunti, sia a tempo pieno che a tempo parziale, nonché qualora l’articolazione dell’orario di lavoro non preveda una pausa per il pranzo; tale previsione, in effetti, tiene conto della circostanza che la realtà lavorativa è sempre più caratterizzata da forme di lavoro flessibili.

Inoltre, si è dell’avviso che l’articolo 4 del D.M. n. 122 del 2017, pur non avendo natura tributaria, assuma rilevanza anche ai fini fiscali, atteso che l’articolo 51, comma 2, lettera c), del Tuir fa espresso riferimento alle prestazioni sostitutive del servizio di mensa, disciplinate dal citato decreto ministeriale.

D’altra parte, la normativa fiscale non prevede una definizione delle prestazioni sostitutive di mensa limitandosi a prevederne la non concorrenza al reddito nei limiti descritti.

In assenza, pertanto, di disposizioni che limitano l’erogazione, da parte del datore di lavoro, dei buoni pasto in favore dei propri dipendenti, si ritiene che per tali prestazioni sostitutive del servizio di mensa trovi applicazione il regime di parziale imponibilità prevista dalla lettera c) del comma 2 dell’articolo 51 del Tuir, indipendentemente dall’articolazione dell’orario di lavoro e dalle modalità di svolgimento dell’attività lavorativa.

Con riferimento al caso in esame, in cui l’Istante riconosce i buoni pasto ai lavoratori agili, si ritiene che gli stessi non concorrano alla formazione del reddito di lavoro dipendente, ai sensi dell’articolo 51, comma 2, lettera c), del Testo unico delle impose sui redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917 (Tuir).

Pertanto, l’Istante non sarà tenuto ad operare anche nei confronti dei lavoratori in smart-working, la ritenuta a titolo di acconto Irpef, prevista dall’articolo 23 del   d.P.R. n. 600 del 1973, sul valore dei buoni pasto fino a euro 4, se cartacei, ovvero euro 8, se elettronici.

 

Fonte: Agenzia Entrate

La Redazione

Autore: La Redazione

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