Agenzia Entrate: welfare aziendale – esclusione dal reddito di lavoro dipendente

L’Agenzia delle Entrate, con la risposta n. 311 del 30 aprile 2021, ha fornito alcuni chiarimenti e in merito al corretto regime fiscale applicabile ad alcune forme di welfare e se, nel caso il lavoratore non utilizzi, in tutto o in parte, il credito welfare maturato nel primo anno, possa cumulare tale credito con quanto maturato nel secondo anno.

 

La risposta dell’Agenzia delle Entrate

In via preliminare, si rileva che, ai sensi dell’articolo 51, comma 1, del Tuir costituiscono reddito di lavoro dipendente «tutte le somme e i valori in genere, a qualunque titolo percepiti nel periodo d’imposta, anche sotto forma di erogazioni liberali, in relazione al rapporto di lavoro. Si considerano percepiti nel periodo d’imposta anche le somme e i valori in genere, corrisposti dai datori di lavoro entro il giorno 12 del mese di gennaio del periodo d’imposta successivo a quello cui si riferiscono». In sostanza, con la predetta disposizione viene sancito il c.d. principio di onnicomprensività del concetto di reddito di lavoro dipendente fiscalmente rilevante, ragion per cui sia gli emolumenti in denaro e sia i valori corrispondenti ai beni, ai servizi ed alle opere offerti dal datore di lavoro ai propri dipendenti costituiscono, in generale, redditi imponibili e, in quanto tali, concorrono alla determinazione del reddito di lavoro dipendente.

Il successivo comma 2 prevede tra i valori che non concorrono a formare il reddito di lavoro dipendente:

  • i contributi di assistenza sanitaria versati dal datore di lavoro (o dal lavoratore) ad enti aventi esclusivamente fine assistenziale «in conformità a disposizioni di contratto o di accordo o di regolamento aziendale, per un importo non superiore complessivamente ad euro 3.615,20» (lettera a);
    • le somme erogate o rimborsate ai dipendenti per l’acquisto degli abbonamenti per il trasporto pubblico locale, regionale e interregionale (lettera d-bis);
    • l’utilizzazione delle opere e dei servizi riconosciuti dal datore di lavoro «in conformità a disposizioni di contratto o di accordo o di regolamento aziendale» per finalità di educazione, istruzione, ricreazione, assistenza sociale e sanitaria o culto (lettera f);
    • le somme, i servizi e le prestazioni erogati dal datore di lavoro per la fruizione di servizi di educazione e istruzione, ludoteche, centri estivi e invernali da parte dei familiari dei dipendenti, e per borse di studio a favore dei medesimi familiari (lettera f-bis);
    • le somme e prestazioni per l’assistenza ai familiari anziani o non autosufficienti (lettera f-ter);
    • le erogazioni effettuate dal datore di lavoro in conformità a contratti collettivi o ad accordi e regolamenti aziendali a fronte delle spese sanitarie di cui all’articolo 10, comma 1, lettera b), del medesimo testo unico (lettera h).

    In forza delle disposizioni richiamate, i beni e servizi esclusi dalla tassazione per la loro valenza socio – assistenziale devono essere erogati alla generalità dei dipendenti o a categorie di dipendenti.

    Con riguardo a quest’ultimo requisito, l’Amministrazione Finanziaria ha più volte chiarito (cfr., tra l’altro, circolari 23 dicembre 1997, n. 326 e 15 giugno 2016, n. 28/E) che l’esclusione dal reddito non è riconosciuta qualora i benefit elencati nel comma 2 dell’articolo 51 del Tuir siano rivolti ad personam. E’ stato inoltre chiarito che l’espressione categorie di dipendenti va intesa anche con riferimento a tutti i dipendenti di un certo tipo (ad esempio, di un certo livello o di una certa qualifica), a prescindere dalla circostanza che in concreto solo alcuni di essi ne fruiscano (cfr. circolare 29 marzo 2018, n. 5/E, par. 4.9).

    Con riferimento al comma 2 dell’articolo 51 del Tuir, la circolare n. 28/E del 2016, par. 3.1, ha precisato, tra l’altro, che il regime di esclusione dal reddito da esso previsto si applica anche nell’ipotesi in cui il datore di lavoro eroghi detti beni e servizi, senza possibilità di sostituirli con somme di denaro, a titolo premiale. Ciò a condizione che l’erogazione in natura non si traduca in un aggiramento degli ordinari criteri di determinazione del reddito di lavoro dipendente di cui al comma 1 del medesimo articolo 51, e in una violazione dei principi di capacità contributiva e di progressività dell’imposizione. E’ necessario, in altri termini, che non siano alterate le regole di tassazione dei redditi di lavoro dipendente atte ad attrarre nella base imponibile qualunque forma di retribuzione, anche erogata in natura.

    Per quanto concerne la questione prospettata dall’istante circa la fruizione dei benefit mediante l’assegnazione di borse di studio, si evidenzia che la nuova formulazione dell’articolo 51, comma 2, lettera f-bis) dispone, in particolare, che non concorrono a formare il reddito di lavoro dipendente «le somme, i servizi e le prestazioni erogati dal datore di lavoro alla generalità dei dipendenti o a categorie di dipendenti per la fruizione, da parte dei familiari indicati nell’articolo 12, dei servizi  di educazione e istruzione anche in età prescolare, compresi i servizi integrativi e di mensa ad essi connessi, nonché per la frequenza di ludoteche e di centri estivi e invernali e per borse di studio a favore dei medesimi familiari».

    Come precisato nella citata circolare n. 28/E del 2016, le modifiche apportate sono principalmente finalizzate ad ampliare e meglio definire i servizi di educazione  ed istruzione fruibili dai familiari del dipendente, anche fiscalmente non a carico, limitati nella precedente formulazione della disposizione.

    La menzione delle borse di studio a favore dei familiari dei dipendenti, presente anche nella precedente disposizione, completa la gamma dei benefit con finalità didattiche e di istruzione, per la cui definizione può farsi riferimento ai chiarimenti forniti con la circolare 22 dicembre 2000, n. 238.

    La circolare chiarisce che in tale nozione possono essere ricompresi i contributi versati dal datore di lavoro per rimborsare al lavoratore le spese sostenute per le rette scolastiche, tasse universitarie, libri di testo scolastici, nonché gli incentivi economici agli studenti che conseguono livelli di eccellenza nell’ambito scolastico.

    A tale proposito, la risoluzione 25 novembre 2009, n. 280/E, seppur con riferimento agli incentivi economici erogati in favore degli studenti particolarmente meritevoli sulla base delle disposizioni contenute nel decreto legislativo 29 dicembre 2007, n. 262, nel ribadire la portata dell’articolo 50, comma 1, lettera c), del Tuir, circa la riconducibilità nei redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente delle somme corrisposte a titolo di borsa di studio, precisa che non sono riconducibili al medesimo articolo 50 del Tuir gli incentivi economici che sono finalizzati alla valorizzazione della qualità dei percorsi formativi ed al raggiungimento di livelli di eccellenza da parte degli studenti in ambito scolastico.

    In relazione alla fattispecie in esame, anche in ragione di quanto precisato in sede di presentazione di documentazione integrativa, deve essere innanzi tutto rilevato che il piano predisposto dall’istante prevede l’erogazione di borse di studio a condizione che venga attestata l’iscrizione e la frequenza scolastica da parte del familiare, il superamento dell’anno scolastico o lo svolgimento di un percorso universitario, che non prevede il raggiungimento di risultati di eccellenza. Tali somme, inoltre, non sono corrisposte a titolo di rimborso delle spese di iscrizione o a copertura delle rette, tantomeno per premiare studenti che conseguono livelli di eccellenza ovvero un raggiungimento di elevata valutazione, bensì il normale svolgimento del percorso scolastico.

    Si rappresenta, inoltre, che nel caso prospettato l’importo erogabile a titolo di borsa di studio non essendo commisurata al raggiungimento di risultati eccellenti appare di ammontare rilevante rispetto al grado d’istruzione raggiunto.

    Sulla base di quanto sopra premesso, si è dell’avviso che nel caso di specie le somme erogate quali borse di studio sulla base del piano predisposto dall’istante non possono rientrare nelle fattispecie di cui all’articolo 51, comma 2, lettera f-bis), del Tuir e tale circostanza non consente, pertanto, di fruire per le medesime erogazioni del regime di non imponibilità.

    Per quanto concerne la seconda questione prospettata dall’istante circa il mancato utilizzo, in tutto o in parte, del credito welfare maturato nel primo anno, si ritiene che  il lavoratore possa cumulare tale credito con quanto maturato nel secondo anno, vale a dire nel limite temporale di validità del piano, e a condizione che tali somme non siano in ogni caso convertibili in denaro.


 

Fonte: Agenzia Entrate

La Redazione

Autore: La Redazione

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