Articolo: Protezione dei dati aziendali: cosa ne pensa la Corte di Cassazione

approfondimento di Eufranio Massi per Generazione Vincente

 

Generazione Vincente

LEGGI TUTTO L’ARTICOLO

“Sempre più spesso le c.d. “policy aziendali” tendono a proteggere i dati aziendali intesi come bene dell’impresa in senso lato, mettendo limiti rigorosi alle applicazioni derivanti dall’uso degli strumenti tecnologici posti a disposizione dei dipendenti per lo svolgimento della loro attività lavorativa, non dimenticando le tutele personali predisposte dal Garante anche sotto la spinta delle previsioni contenute nell’art. 4, comma 3, dell’art. 4 della legge n. 300/1970 il quale subordina ad una informazione adeguata relativa alle modalità di funzionamento e di controllo, l’utilizzazione dei dati e delle informazioni a tutti i fini connessi al rapporto di lavoro scaturenti sia dalle video telecamere e dagli altri strumenti di controllo (comma 1) che dai badge, dagli accessi nonché dai mezzi messi a disposizione dei lavoratori per le loro prestazioni.

In tale contesto ben si inserisce una recente pronuncia della Suprema Corte, la n. 25147/2017, con la quale è stata riconosciuta la piena legittimità di un licenziamento adottato nei confronti di un dipendente che aveva copiato, sulla propria “chiavetta” personale, dati aziendali, peraltro non protetti da password e non catalogati come riservati, pur se gli stessi non erano stati ceduti a soggetti terzi.

La Cassazione ha valutato la questione alla luce dell’art. 52 del CCNL del settore chimico applicato in azienda, ed ha rimarcato come, nel caso di specie, si ravvisasse una infrazione connotata da una mancata e colpevole diligenza sul lavoro. L’articolo contrattuale, preso a parametro di riferimento, consente il recesso, atteso che la disposizione pattizia appena citata contempla, tra le varie ipotesi, il furto, il danneggiamento volontario dei beni aziendali ed il trafugamento di disegni, schede ed utensili di proprietà del datore di lavoro. La “copiatura dei file” rientra in tali ipotesi in quanto è finalizzata a farli uscire dalla “sfera di controllo” dell’imprenditore pur se non è accompagnata da una cessione degli stessi a soggetti terzi. Con tale comportamento si concretizza una finalità illecita, essendo del tutto ininfluente la successiva utilizzazione o cessione ad altri soggetti….”….continua la lettura

Eufranio Massi

Autore: Eufranio Massi

esperto in Diritto del Lavoro - relatore a corsi di formazione in materia di lavoro

Condividi questo articolo su