ConfprofessioniLavoro: Trasferte e Trasferimenti (focus sul Ccnl)

confproflavoroarticolo di approfondimento di ConfprofessioniLavoro

 

“Il luogo in cui il dipendente deve eseguire la propria prestazione lavorativa è stabilito all’atto dell’assunzione e può essere chiaramente individuato in una sede fissa, oppure essere identificato in un ambito territoriale, o ancora non essere predeterminabile per particolari tipi di attività.

La facoltà di variare il luogo di lavoro nel quale il dipendente svolge la propria prestazione, seppur nei limiti e alle condizioni previste dalla legge o dalla contrattazione collettiva, costituisce una delle manifestazioni del potere direttivo del datore di lavoro. Lo spostamento può essere puramente temporaneo (distacco e trasferta), o essere tendenzialmente definitivo (trasferimento).

Il titolo XXIII (artt. 98-99) del Ccnl degli studi professionali regolamenta nel dettaglio gli istituti della trasferta e del trasferimento.

Trasferte

In assenza di una disciplina legislativa, la giurisprudenza e la contrattazione collettiva definiscono trasferta la circostanza in cui il lavoratore, per esigenze di servizio di carattere transitorio e contingente, è inviato a svolgere la propria attività in un luogo diverso da quello abituale. Nello specifico, l’art. 98, comma 1 del Ccnl degli studi professionali afferma che “il datore di lavoro ha facoltà di inviare il personale in missione temporanea fuori dal comune della propria residenza e dalla sede di lavoro stabilita nella lettera di assunzione o contratto di lavoro”.

In merito alla nozione di trasferta, è necessario precisare in via preliminare alcuni aspetti. In primo luogo, rileva sottolineare che, al fine di distinguere l’istituto da quello del trasferimento, il termine della missione deve essere determinato in modo espresso, o deve essere agevolmente determinabile in relazione all’attività eseguita. Inoltre, in accordo alla formulazione proposta dal Ccnl, è considerata trasferta esclusivamente la missione svoltasi al di fuori del comune ove è collocata la normale sede di lavoro. Infine, l’indicazione nel contratto individuale del luogo della prestazione lavorativa permette di differenziare la trasferta dal trasfertismo. In quest’ultimo caso, il lavoratore è contrattualmente obbligato ad assolvere le proprie funzioni in luoghi sempre variabili, non esistendo un’ordinaria sede di lavoro. A tali categorie di dipendenti è generalmente corrisposta una specifica indennità che concorre a formare il reddito di lavoro dipendente ai fini fiscali nella misura del 50% del suo ammontare (art. 51, comma 6, D.P.R. 917/1986).

Di regola, al lavoratore in trasferta compete lo stesso trattamento retributivo che gli sarebbe spettato se avesse svolto le proprie mansioni nella struttura abituale, più una diaria correlata all’ulteriore sacrificio che gli viene imposto e alle spese sostenute durante lo spostamento, la cui entità è fissata dalla contrattazione collettiva.” continua la lettura dell’articolo

Confprofessionilavoro

Autore: Confprofessionilavoro

sito di aggiornamento ed informazione in materia di lavoro per gli studi professionali

Condividi questo articolo su