Consulta: le decisioni circa l’ammissibilità dei prossimi Referendum abrogativi in materia di lavoro
La Corte costituzionale ha pubblicato, in data 7 febbraio 2025, le motivazioni legate alla decisione sulla ammissibilità della richiesta di referendum abrogativi su alcune materie legate a norme di diritto del lavoro.
In particolare, questi i referendum abrogativi ammessi dalla Consulta:
Responsabilità dell’imprenditore Committente
La Corte costituzionale ha dichiarato ammissibile la richiesta di referendum popolare per l’abrogazione dell’articolo 26, comma 4, del decreto legislativo 9 aprile 2008, numero 81, limitatamente alle parole «Le disposizioni del presente comma non si applicano ai danni conseguenza dei rischi specifici propri dell’attività delle imprese appaltatrici o subappaltatrici.»
Contratto a termine
La Corte costituzionale ha dichiarato ammissibile la richiesta di referendum abrogativo denominata «Abrogazione parziale di norme in materia di apposizione di termine al contratto di lavoro subordinato, durata massima e condizioni per proroghe e rinnovi».
Il quesito referendario riguarda l’abrogazione di alcune previsioni (articoli 19, commi 1, 1-bis e 4, e 21, comma 01, del decreto legislativo numero 81 del 2015) che attualmente consentono la stipulazione di contratti di lavoro a tempo determinato (e anche la loro proroga e/o il rinnovo) fino a un anno senza dover fornire alcuna giustificazione, e, per quelli di durata superiore, sulla base di una giustificazione individuata dalle parti, anche se non prevista né dalla legge, né dai contratti collettivi stipulati dai sindacati più rappresentativi a livello nazionale.
Misura massima dell’indennità di licenziamento illegittimo
La Corte costituzionale ha dichiarato ammissibile il referendum popolare per l’abrogazione dell’articolo 8 della legge numero 604 del 1966, limitatamente alle parole che stabiliscono una misura massima (pari a sei mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto) per la liquidazione dell’indennità da licenziamento illegittimo.
In motivazione, la Corte ha precisato che la norma oggetto del quesito referendario trova oggi applicazione, a seguito delle modifiche intervenute nella legislazione in
materia, nei confronti dei soli lavoratori assunti alle dipendenze delle cosiddette “piccole imprese” (ossia, presso datori di lavoro che non raggiungono la soglia
dimensionale indicata dall’articolo 18, ottavo comma, dello Statuto dei lavoratori) prima del 7 marzo 2015, data di entrata in vigore del decreto legislativo numero 23
del 2015, attuativo della legge sul Jobs act.
Abrogazione del decreto delegato attuativo del Jobs Act in materia di licenziamenti illegittimi
La Corte costituzionale ha dichiarato ammissibile il referendum popolare per l’abrogazione del decreto legislativo numero 23 del 2015, che ha attuato una delle deleghe legislative conferite al Governo con il cd. Jobs Act.
La Corte ha precisato: la «circostanza che all’esito dell’approvazione del quesito abrogativo il risultato di un ampliamento delle garanzie per il lavoratore non si verificherebbe in realtà in tutte le ipotesi di invalidità» del licenziamento, perché per alcune di queste (e in particolare nel caso del licenziamento intimato al lavoratore assente per malattia o infortunio, oppure intimato per disabilità fisica o psichica a un lavoratore che non versava in realtà in tale condizione) «si avrebbe, invece, un arretramento di tutela», non inficia la chiarezza, l’omogeneità e l’univocità della richiesta di referendum.
Il quesito referendario chiama il corpo elettorale «a una valutazione complessiva e generale, che può anche prescindere dalle specifiche e differenti disposizioni normative, senza perdere la propria matrice unitaria».
Fonte: Corte Costituzionale