Consulta: ricorso al Comitato Regionale Rapporti di Lavoro

Con sentenza n. 119 del 5 giugno 2013, la Corte Costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’articolo 17 comma 3, del Decreto Legislativo n. 124 del 2004 (nel testo vigente prima dell’entrata in vigore del d.lgs. n. 150 del 2011), nella parte in cui dispone che il ricorso al Comitato regionale per i rapporti di lavoro sospende anziché interrompe il termine di cui all’articolo 22 della Legge n. 689 del 1981.

 

SENTENZA N. 119

ANNO 2013

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori: Presidente: Franco GALLO; Giudici : Luigi MAZZELLA, Gaetano SILVESTRI, Sabino CASSESE, Giuseppe TESAURO, Paolo Maria NAPOLITANO, Giuseppe FRIGO, Alessandro CRISCUOLO, Paolo GROSSI, Giorgio LATTANZI, Aldo CAROSI, Marta CARTABIA, Sergio MATTARELLA, Mario Rosario MORELLI, Giancarlo CORAGGIO,

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’articolo 17, comma 3, del decreto legislativo 23 aprile 2004, n. 124 (Razionalizzazione delle funzioni ispettive in materia di previdenza sociale e di lavoro, a norma dell’articolo 8 della legge 14 febbraio 2003, n. 30), promosso dal Tribunale di Brindisi, sezione distaccata di Francavilla Fontana, nel procedimento vertente tra L.M., in proprio e nella qualità di socio dell’azienda Agrituristica Tredicina s.s., e la Direzione provinciale del lavoro di Brindisi, con ordinanza del 26 ottobre 2010, iscritta al n. 188 del registro ordinanze 2011 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 40, prima serie speciale, dell’anno 2011.

Visto l’atto di costituzione di L.M. in proprio e nella qualità di socio dell’azienda Agrituristica Tredicina s.s., nonché l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell’udienza pubblica del 27 marzo 2013 il Giudice relatore Alessandro Criscuolo;

uditi l’avvocato Gabriele Di Noi per L.M., in proprio e nella qualità di socio dell’azienda Agrituristica Tredicina s.s., e l’avvocato dello Stato Massimo Bachetti per il Presidente del Consiglio dei ministri.

a name=”fatto”>

Ritenuto in fatto

1.— Il Tribunale ordinario di Brindisi, sezione distaccata di Francavilla Fontana, con ordinanza del 26 ottobre 2010 (r.o. n. 188 del 2011), ha sollevato, in riferimento agli articoli 3, 76, 77 e 113, secondo comma, della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’articolo 17, comma 3, del decreto legislativo 23 aprile 2004, n. 124 (Razionalizzazione delle funzioni ispettive in materia di previdenza sociale e di lavoro, a norma dell’articolo 8 della legge 14 febbraio 2003, n. 30), «nella parte in cui dispone la sospensione anziché l’interruzione del termine di cui all’art. 22 della legge 24 novembre 1981, n. 689, in caso di proposizione di ricorso amministrativo al Comitato regionale per i rapporti di lavoro».

1.1.— Il rimettente premette che il sig. L.M., in proprio e nella qualità di socio della società semplice Azienda Agrituristica Tredicina, con ricorso depositato il 2 dicembre 2009, ha proposto opposizione avverso le ordinanze-ingiunzioni n. 68/09 e n. 68/09-bis emesse, per l’importo di euro 1.968,00 ciascuna, dalla Direzione provinciale del lavoro di Brindisi l’11 giugno 2009 e notificate in data 12 giugno 2009, per violazione, da parte del socio e della società (obbligata in solido), della normativa di settore in tema di assunzione di personale dipendente, di cui: all’art. 9-bis, comma 2, del decreto-legge 1° ottobre 1996, n. 510 (Disposizioni urgenti in materia di lavori socialmente utili, di interventi a sostegno del reddito e nel settore previdenziale), convertito, con modificazioni, dalla legge 28 novembre 1996, n. 608; all’art. 4-bis, comma 2, del decreto legislativo 21 aprile 2000, n. 181 (Disposizioni per agevolare l’incontro fra domanda ed offerta di lavoro, in attuazione dell’art. 45, comma 1, lettera a, della legge 17 maggio 1999 n. 144); all’art. 14, comma 2, del decreto legislativo 23 febbraio 2000, n. 38 (Disposizioni in materia di assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali, a norma dell’art. 55, comma 1, della legge 17 maggio 1999, n. 144); e all’art. 1 della legge 5 gennaio 1953, n. 4 (Norme concernenti l’obbligo di corrispondere le retribuzioni ai lavoratori a mezzo di prospetti paga).

Il giudice a quo aggiunge che si è costituita in giudizio la Direzione provinciale del lavoro di Brindisi eccependo, in via preliminare, l’inammissibilità dell’opposizione, in quanto tardiva.

In particolare, poiché gli intimati in data 3 luglio 2009 avevano proposto ricorso al Comitato regionale per i rapporti di lavoro, ai sensi dell’art. 17 del d.lgs. n. 124 del 2004, da tale data, in forza del comma 3 del medesimo articolo, era rimasto sospeso il termine di trenta giorni dalla notificazione della ordinanza-ingiunzione per proporre opposizione ai sensi dell’art. 22 della legge 24 novembre 1981, n. 689 (Modifiche al sistema penale), per poi riprendere a decorrere dal 6 novembre 2009, data nella quale era stata eseguita la notifica della decisione del Comitato, con conseguente tardività del ricorso in opposizione depositato in data 2 dicembre 2009. A tale eccezione gli opponenti avevano replicato sostenendo che, qualora si volesse accedere all’interpretazione fornita dall’amministrazione resistente, la norma di cui al comma 3 del citato art. 17 sarebbe costituzionalmente illegittima per violazione dell’art. 113 Cost., sotto il profilo della limitazione della tutela giurisdizionale contro gli atti della pubblica amministrazione, e dell’art. 3 Cost., sotto il profilo del principio di uguaglianza in rapporto alla previsione di cui all’art. 16 del medesimo decreto legislativo.

1.2.— In punto di rilevanza, il rimettente osserva che, alla luce dell’art. 17, comma 3, del d.lgs. n. 124 del 2004, che fa riferimento all’istituto della sospensione dei termini per proporre ricorso giurisdizionale in luogo della interruzione, l’opposizione andrebbe dichiarata inammissibile in quanto tardivamente proposta.

1.3.— Quanto alla non manifesta infondatezza, ad avviso del giudice a quo, il comma 3 del citato art. 17 violerebbe gli artt. 3, 76, 77 e 113, secondo comma, Cost.

In primo luogo, il giudicante ritiene che la norma censurata contrasti con l’art. 3 Cost. sotto il profilo dei principi di uguaglianza e ragionevolezza, in relazione alla diversa disciplina di cui all’art. 16 del medesimo decreto legislativo, concernente una fattispecie analoga.

Il rimettente pone in evidenza che il d.lgs. n. 124 del 2004 «ha introdotto una nuova duplice fattispecie di ricorso amministrativo avverso le ordinanze-ingiunzioni per violazione di norme in materia di lavoro, da intendersi sempre alternativo (principio del cosiddetto doppio binario) rispetto all’ordinaria opposizione giurisdizionale a norma dell’art. 22 della legge 24 novembre 1981, n. 689». In particolare – prosegue il giudicante – qualora ci si voglia opporre ad una ordinanza-ingiunzione emessa da una direzione provinciale del lavoro, il ricorso va proposto dinanzi alla competente direzione provinciale entro trenta giorni dalla notifica dell’ordinanza (art. 16); mentre, laddove si voglia contestare la sussistenza o la qualificazione del rapporto di lavoro, il ricorso deve essere presentato nel medesimo termine al Comitato regionale per i rapporti di lavoro, istituito ed operante presso ogni direzione regionale, ai sensi del successivo art. 17.

Tuttavia, mentre in relazione alla prima procedura, l’art. 16 al comma 3 prevede che «Il termine di cui all’art. 22 della citata legge n. 689 del 1981 decorre dalla notifica del provvedimento che conferma o ridetermina l’importo dell’ordinanza ingiunzione impugnata ovvero dalla scadenza del termine fissato per la decisione», lasciando dunque intendere che il termine per proporre opposizione dinanzi al tribunale cominci integralmente a decorrere dal momento finale del procedimento amministrativo, con riferimento alla seconda procedura l’art. 17, comma 3, stabilisce che «Il ricorso sospende i termini di cui agli articoli 14, 18 e 22 della legge 24 novembre 1981, n. 689, ed i termini di legge per i ricorsi giurisdizionali avverso verbali degli enti previdenziali» (testo anteriore alle modifiche apportate con l’art. 34, comma 5, del decreto legislativo 1° settembre 2011, n. 150, recante: «Disposizioni complementari al codice di procedura civile in materia di riduzione e semplificazione dei procedimenti civili di cognizione, ai sensi dell’art. 54 della legge 18 giugno 2009, n. 69», modifiche applicabili, ai sensi dell’art. 36 del citato decreto legislativo, ai procedimenti instaurati successivamente alla data di entrata in vigore dello stesso).

Ad avviso del giudice a quo, ciò comporta la conseguenza che, per proporre opposizione davanti al tribunale, l’intimato dispone soltanto del termine che residua dopo aver detratto il tempo decorso tra la notifica dell’ordinanza e la proposizione del ricorso al Comitato regionale. Il che, ad avviso del rimettente, concreterebbe una irragionevole disparità di trattamento processuale tra situazioni analoghe, disciplinate dal medesimo testo di legge ed introdotte con la medesima ratio, con l’unica differenza costituita dall’organo dinanzi al quale proporre il ricorso amministrativo, stante la composizione più ampia del Comitato regionale per i rapporti di lavoro (facendone parte il direttore della direzione regionale del lavoro, quale presidente, il direttore regionale dell’INPS e il direttore regionale dell’INAIL), presumibilmente a causa della maggiore ampiezza del thema decidendum delle opposizioni, vertenti anche sull’esistenza o sulla qualificazione dei rapporti di lavoro.

Il giudice a quo ravvisa anche la violazione dell’art. 113, secondo comma, Cost., sotto il profilo della limitazione della tutela giurisdizionale contro atti sanzionatori della pubblica amministrazione, in quanto, stante la decorrenza dalla notifica della ordinanza-ingiunzione di entrambi i termini (di trenta giorni) per proporre ricorso al Comitato regionale o per proporre l’opposizione dinanzi al tribunale, la parte del termine utilizzata per predisporre il ricorso amministrativo andrebbe a discapito di quello per proporre la futura opposizione giurisdizionale, con irrimediabile compressione di quest’ultimo termine. Potrebbe addirittura prospettarsi il caso limite nel quale il ricorso al Comitato regionale sia proposto ritualmente dopo ventinove giorni dalla notifica dell’ordinanza-ingiunzione, residuando quindi all’intimato, in ipotesi di esito sfavorevole per il ricorso stesso, un solo giorno libero per inoltrare l’opposizione davanti al tribunale competente.

Il rimettente deduce, altresì, il contrasto del citato art. 17, comma 3, con gli artt. 76 e 77 Cost. per eccesso di delega, in quanto non sarebbero stati rispettati i criteri direttivi di «semplificazione dei procedimenti sanzionatori amministrativi e possibilità di ricorrere alla direzione regionale del lavoro» di cui all’art. 8, comma 2, lettera d), della legge delega 14 febbraio 2003, n. 30, ed, in particolare, in relazione al ricorso dinanzi al Comitato regionale per i rapporti di lavoro, i principi di alternatività e del cosiddetto “doppio binario” tra tutela in sede amministrativa e tutela in sede giurisdizionale, dato che la drastica riduzione del termine di cui all’art. 22 della legge n. 689 del 1981, in caso di esito negativo del procedimento dinanzi al Comitato regionale per i rapporti di lavoro, potrebbe costituire un serio deterrente all’utilizzo di tale innovativo ricorso amministrativo, potendo il soggetto ingiunto preferire il ricorso diretto al tribunale competente in modo tale da avere a disposizione l’integrale termine di trenta giorni dalla notifica della ordinanza-ingiunzione.

Il rimettente richiama, infine, la Circolare del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali del 24 giugno 2004, n. 24, avente ad oggetto «D.Lgs. n. 124 del 23 aprile 2004. Chiarimenti e indicazioni operative», che, nel commentare il censurato comma 3 dell’art. 17, ha concluso nel senso che «il ricorso interrompe i termini di cui agli articoli 14, 18 e 22 della legge 24 novembre 1981, n. 689 e quelli previsti dalla normativa vigente per i ricorsi giurisdizionali avverso verbali degli istituti previdenziali». Ad avviso del rimettente, stante la chiara portata letterale della norma censurata, tale pur autorevole interpretazione da parte di un organo amministrativo non sarebbe idonea a far superare i prospettati dubbi di costituzionalità.

2.— Con memoria depositata il 30 agosto 2011 si è costituito in giudizio il sig. L.M., in proprio e nella qualità di socio della società semplice Azienda Agrituristica Tredicina, chiedendo l’accoglimento della sollevata questione di legittimità costituzionale.

In punto di fatto, il sig. L.M., in proprio e nella qualità, riferisce che, a fronte dell’eccezione sollevata nel giudizio a quo dalla direzione provinciale del lavoro circa l’inammissibilità per il carattere tardivo del ricorso in opposizione, aveva addotto l’illegittimità costituzionale del citato art. 17, comma 3, per assunto contrasto con l’art. 3 Cost., sotto il profilo della irragionevole disparità di trattamento processuale rispetto alla analoga fattispecie di cui all’art. 16 del medesimo decreto legislativo, nonché con l’art. 113 Cost., sotto il profilo di una limitazione della tutela giurisdizionale contro gli atti della pubblica amministrazione. In particolare, stante la natura alternativa tra il ricorso in via amministrativa e quello in via giurisdizionale, potendo il soggetto intimato esercitare il diritto a ricorrere al Comitato regionale per i rapporti di lavoro, anche usufruendo dell’ultimo dei trenta giorni decorrenti dalla notifica della ordinanza-ingiunzione, non residuerebbe alcun termine per proporre, successivamente al rigetto della domanda in via amministrativa, il ricorso giurisdizionale ai sensi dell’art. 22 della legge n. 689 del 1981.

Il sig. L.M., in proprio e nella qualità, nel condividere integralmente le argomentazioni sottese alla ordinanza di rimessione, chiede, pertanto, dichiararsi la illegittimità costituzionale dell’art. 17, comma 3, del d.lgs. n. 124 del 2004, nella parte in cui «dispone la sospensione anziché l’interruzione del termine di cui all’art. 22 della legge 24 novembre 1981, n. 689, in caso di proposizione di ricorso amministrativo al Comitato regionale per i rapporti di lavoro».

3.— Con atto depositato l’11 ottobre 2011, è intervenuto il Presidente del Consiglio del ministri, rappresentato e difeso dalla Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che la questione di legittimità costituzionale sia dichiarata non fondata.

In merito alla censura mossa in riferimento all’art. 3 Cost., sotto il profilo della disparità di trattamento processuale tra i soggetti che propongono, avverso l’ordinanza-ingiunzione, ricorso amministrativo alla competente direzione regionale del lavoro, ai sensi dell’art. 16 del d.lgs. n. 124 del 2004 – con decorrenza ex novo del termine per proporre l’opposizione a norma dell’art. 22 della legge n. 689 del 1981 dalla notifica della decisione da parte della direzione regionale del lavoro e, dunque, con interruzione del detto termine processuale – e i soggetti che propongono ricorso amministrativo al Comitato regionale per i rapporti di lavoro ai sensi dell’art. 17 del medesimo decreto legislativo – con sospensione del termine di cui all’art. 22 della legge n. 689 del 1981 dalla data del detto ricorso – la difesa erariale sottolinea gli elementi di diversità delle due discipline, che giustificherebbero la compressione del termine per proporre l’opposizione ordinaria nella fattispecie di cui al citato art. 17.

In particolare, mentre l’art. 16 del d.lgs. n. 124 del 2004 disciplina il ricorso gerarchico avverso l’ordinanza-ingiunzione per infrazioni amministrative in materia di lavoro, il successivo art. 17 regolamenta il ricorso gerarchico improprio – con un più ampio spatium deliberandi di novanta anziché sessanta giorni – al Comitato regionale per i rapporti di lavoro non solo avverso l’ordinanza-ingiunzione, ma anche avverso atti endo-procedimentali, quali atti e verbali di accertamento, con conseguente giustificazione, stante la maggiore chance di tutela per la fattispecie di cui all’art.17 rispetto a quella di cui all’art. 16, di una meno favorevole disciplina in ordine ai termini processuali per proporre opposizione ordinaria avverso l’ordinanza-ingiunzione.

Da qui l’infondatezza della censura sollevata in riferimento all’art. 3 Cost., rientrando nella discrezionalità del legislatore stabilire, nei limiti della ragionevolezza, diversi regimi sui termini processuali.

Quanto alla assunta violazione dell’art. 113, secondo comma, Cost. sotto il profilo della limitazione della tutela giurisdizionale contro gli atti della pubblica amministrazione, stante la irrimediabile compressione del termine per proporre l’ordinaria opposizione – dal quale verrebbe sottratta la porzione di tempo utilizzata per predisporre il ricorso amministrativo – la difesa erariale osserva che l’istituto del ricorso al Comitato regionale per i rapporti di lavoro non ha limitato ma ampliato la tutela del soggetto intimato avverso gli atti sanzionatori in materia di lavoro e legislazione sociale, aggiungendo al rimedio giurisdizionale della opposizione ad ordinanza-ingiunzione, un rimedio facoltativo di carattere amministrativo, che lascia impregiudicato, in caso di esito negativo, il diritto di proporre il ricorso giurisdizionale.

In particolare, il soggetto intimato, nel momento in cui decide di esperire ricorso amministrativo al Comitato regionale, avrebbe la possibilità di cautelarsi con riferimento all’eventualità dell’esito negativo di tale ricorso, predisponendo il ricorso giurisdizionale nella pendenza del termine di novanta giorni per la decisione del Comitato regionale, essendo verosimilmente gli stessi i motivi da porre a fondamento di entrambi i ricorsi.

Pertanto, ad avviso della difesa erariale, anche qualora il censurato art. 17, comma 3, configurasse un’ipotesi di sospensione “in senso tecnico” del termine per proporre il ricorso giurisdizionale, a fronte della proposizione del ricorso amministrativo, tale sospensione non imporrebbe un sacrificio significativo, sul piano fattuale, al soggetto intimato che volesse esperire entrambi i rimedi di carattere amministrativo e giurisdizionale.

In merito alla censura concernente la violazione degli artt. 76 e 77 Cost., per eccesso di delega, in relazione ai criteri direttivi di «semplificazione dei procedimenti sanzionatori amministrativi e possibilità di ricorrere alla direzione regionale del lavoro», di cui all’art. 8, comma 2, lettera d), della legge n. 30 del 2003, la difesa erariale osserva che l’asserita riduzione del termine per proporre opposizione avverso l’ordinanza-ingiunzione, in caso di esito negativo del ricorso al Comitato regionale per i rapporti di lavoro, non costituirebbe un deterrente all’utilizzo di tale ricorso amministrativo, in quanto il soggetto potrebbe, nelle more della decisione del ricorso amministrativo, predisporre il ricorso giurisdizionale, considerata la verosimile identità dei motivi di impugnazione.

4.— In data 22 febbraio 2012 il sig. L.M., in proprio e nella qualità di socio dell’Azienda Agrituristica Tredicina s.s., ha depositato memoria illustrativa, con la quale ha ribadito le argomentazioni di cui all’atto di costituzione, insistendo per la declaratoria di illegittimità costituzionale della norma censurata.

5.— Il Presidente del Consiglio dei ministri ha depositato il 4 marzo 2013 memoria illustrativa, con la quale ha, in sostanza, ribadito le argomentazioni contenute nell’atto di intervento, insistendo per la declaratoria di non fondatezza della questione di legittimità costituzionale.

In particolare, la difesa dello Stato sottolinea come la previsione della sospensione del termine per proporre il ricorso giurisdizionale, ai sensi dell’art. 22 della legge n. 689 del 1981, consentirebbe – dopo l’esito espresso o tacito del ricorso amministrativo – di recuperare la incomprimibile tutela giurisdizionale avverso l’atto lesivo costituito dall’ordinanza-ingiunzione.

Infatti, secondo l’orientamento giurisprudenziale prevalente, l’atto lesivo dei diritti del ricorrente non si identifica con la decisione del ricorso amministrativo di cui all’art. 17 del d.lgs. n. 124 del 2004 (che, se di rigetto, sarebbe meramente confermativa del provvedimento impugnato), ma con il provvedimento originario oggetto di gravame amministrativo.

Pertanto, la non impugnabilità delle decisioni del Comitato – come chiarito anche dalla circolare ministeriale del 28 aprile 2010, n. 16 – costituirebbe un’ulteriore giustificazione della sospensione del termine per proporre il ricorso giurisdizionale.

a name=”diritto”>

Considerato in diritto

1.— Il Tribunale ordinario di Brindisi, sezione distaccata di Francavilla Fontana, con l’ordinanza indicata in epigrafe ha sollevato questione di legittimità costituzionale, in riferimento agli articoli 3, 76, 77 e 113, secondo comma, della Costituzione, dell’articolo 17, comma 3, del decreto legislativo 23 aprile 2004, n. 124 (Razionalizzazione delle funzioni ispettive in materia di previdenza sociale e di lavoro, a norma dell’articolo 8 della legge 14 febbraio 2003, n. 30), «nella parte in cui dispone la sospensione, anziché l’interruzione, del termine di cui all’art. 22 della legge 24 novembre 1981, n. 689, in caso di proposizione di ricorso amministrativo al Comitato regionale per i rapporti di lavoro».

Il giudice a quo espone che il sig. L.M., agendo in proprio e nella qualità di socio di una società semplice, con ricorso depositato il 2 dicembre 2009 ha proposto opposizione avverso due ordinanze-ingiunzioni, emesse dalla Direzione provinciale del lavoro di Brindisi e notificate il 12 giugno 2009, per violazione, da parte della persona fisica e della società (obbligata in solido), della normativa di settore in tema di assunzione di personale dipendente.

La Direzione provinciale del lavoro di Brindisi si è costituita in giudizio, adducendo, in via preliminare, l’inammissibilità dell’opposizione perché tardiva, in quanto: prima di essa, in data 3 luglio 2009 gli intimati hanno azionato lo speciale ricorso al Comitato regionale per i rapporti di lavoro, ai sensi dell’art. 17 del d.lgs. n. 124 del 2004, ricorso respinto con decisione notificata ai ricorrenti in data 6 novembre 2009; poiché il citato art. 17, al comma 3, prevede (nel testo anteriore alla modifica attuata con decreto legislativo 1º settembre 2011, n. 150, recante: «Disposizioni complementari al codice di procedura civile in materia di riduzione e semplificazione dei procedimenti civili di cognizione, ai sensi dell’art. 54 della legge 18 giugno 2009, n. 69»; non applicabile al caso in esame ratione temporis) che la proposizione del ricorso al Comitato sospenda, tra gli altri, il termine di cui all’art. 22 della legge 24 novembre 1981, n. 689 (Modifiche al sistema penale), detto termine, nel caso di specie, avrebbe iniziato il suo decorso il 12 giugno 2009 (data di notifica delle ordinanze-ingiunzioni), sarebbe rimasto sospeso il 3 luglio 2009 (data di proposizione del ricorso al Comitato regionale) ed avrebbe ripreso a decorrere per la parte residua (nove giorni) a far tempo dal 6 novembre 2009 (data di notificazione della decisione del Comitato), venendo infine a scadere il 15 novembre 2009, mentre l’opposizione alle ordinanze-ingiunzioni è stata depositata in cancelleria il 2 dicembre 2009.

In questo quadro, il rimettente sottopone a questa Corte la seguente questione: se la norma censurata violi: a) l’art. 3 Cost., sotto il profilo dei principi di uguaglianza e di ragionevolezza, dato che, mentre nel caso di ricorso alla direzione regionale del lavoro, previsto dall’art. 16 del d.lgs. n. 124 del 2004, il termine di cui all’art. 22 della legge 24 novembre 1981, n. 689 (Modifiche al sistema penale) decorre dalla notifica del provvedimento che conferma o ridetermina l’importo della ordinanza-ingiunzione impugnata, ovvero dalla scadenza del termine fissato per la decisione (comma 3), nel caso di ricorso al Comitato regionale per i rapporti di lavoro, di cui all’art. 17 del medesimo decreto legislativo, il ricorso sospende i termini stabiliti dagli artt. 14, 18 e 22 della legge n. 689 del 1981 e quelli previsti per i ricorsi avverso i verbali degli enti previdenziali (comma 3), con conseguente irragionevole disparità di trattamento processuale tra situazioni analoghe, disciplinate dal medesimo testo di legge ed introdotte con la medesima ratio; b) l’art. 113, secondo comma, Cost., sotto il profilo della limitazione della tutela giurisdizionale contro atti sanzionatori della pubblica amministrazione, in quanto, stante la decorrenza dalla notifica dell’ordinanza-ingiunzione di entrambi i termini (trenta giorni) per proporre ricorso al Comitato regionale per i rapporti di lavoro o per proporre l’opposizione davanti al tribunale, la parte del termine utilizzata per predisporre il ricorso amministrativo andrebbe a discapito di una parte di quello per proporre la futura opposizione giurisdizionale, con irrimediabile compressione di quest’ultimo termine; c) gli artt. 76 e 77 Cost. per eccesso di delega, in quanto, con la norma censurata, non sarebbero stati rispettati i criteri direttivi di «semplificazione dei procedimenti sanzionatori amministrativi e possibilità di ricorrere alla direzione regionale del lavoro», di cui all’art. 8, comma 2, lettera d), della legge delega 14 febbraio 2003, n. 30 (Delega al Governo in materia di occupazione e mercato del lavoro), e, segnatamente, in relazione al ricorso dinanzi al Comitato regionale per i rapporti di lavoro, i principi di alternatività e del cosiddetto “doppio binario” tra tutela in sede amministrativa e tutela in sede giurisdizionale, considerato che la drastica riduzione del termine di cui all’art. 22 della legge n. 689 del 1981, in caso di esito negativo del procedimento dinanzi al Comitato regionale per i rapporti di lavoro, potrebbe costituire un serio deterrente all’utilizzo di tale innovativo ricorso amministrativo, potendo il soggetto intimato preferire il ricorso diretto al tribunale competente, in modo da avere a disposizione l’integrale termine di trenta giorni dalla notifica dell’ordinanza ingiunzione.

2.— La questione non è fondata, con riferimento ai parametri costituiti dagli «articoli 76 e 77 della Costituzione per eccesso di delega in relazione all’art. 8, comma 2, lett. d) della legge 14 febbraio 2003, n. 30».

Tale norma stabilisce i principi e criteri direttivi, nel rispetto dei quali va esercitata la delega di cui al comma 1, e alla lettera d) del comma 2 prevede la «semplificazione dei procedimenti sanzionatori amministrativi e possibilità di ricorrere alla direzione regionale del lavoro».

Ad avviso del rimettente, la norma censurata non avrebbe pienamente rispettato i detti criteri direttivi ed, in relazione al ricorso dinanzi al Comitato regionale, i principi sopra indicati, in quanto la riduzione del termine di cui all’art. 22 della legge n. 689 del 1981, in caso di esito negativo del procedimento dinanzi al Comitato regionale, potrebbe costituire un serio deterrente all’utilizzo di detto innovativo ricorso amministrativo.

Questa tesi non può essere condivisa.

Secondo costante giurisprudenza della Corte costituzionale, la delega legislativa non esclude ogni discrezionalità del legislatore delegato, che può essere più o meno ampia in relazione al grado di specificità dei criteri fissati nella legge delega. Pertanto, per valutare se il legislatore abbia ecceduto tali (più o meno ampi) margini di discrezionalità, occorre considerare la ratio della delega, per verificare se la norma delegata sia con questa coerente (ex plurimis: sentenze n. 272 del 2012, n. 230 del 2010; n. 426 e n. 112 del 2008).

Nel caso in esame, in effetti, la delega legislativa è formulata in termini molto ampi. Peraltro, la previsione di due nuove ipotesi di ricorsi amministrativo-previdenziali, di cui agli artt. 16 e 17 del d.lgs. n. 123 del 2004, introduce forme semplificate di procedimenti sanzionatori amministrativi, che si rivelano coerenti con la ratio della norma delegante. In particolare, l’istituzione ad hoc del Comitato regionale per i rapporti di lavoro, quale organo collegiale, di natura tecnica, con il compito di decidere i ricorsi previsti dall’art. 17, nonché l’ampio ambito oggettivo di tali ricorsi, costituiscono chiari indici di applicazione dei criteri di cui all’art. 8, comma 2, lettera d), della legge n. 30 del 2003. Che, poi, nella strutturazione attuativa del procedimento si siano creati punti critici, suscettibili di violare altri parametri costituzionali (sul punto si tornerà di qui a poco), è profilo non sufficiente a realizzare un eccesso di delega in un complesso normativo di legislazione delegata che amplia gli strumenti di tutela della parte, realizzando le finalità della delega e, quindi, sottraendosi alle censure sul punto formulate dal rimettente.

3.— La questione, invece, è fondata, con riferimento ai parametri dettati dagli artt. 3 e 113, secondo comma, Cost.

Si deve premettere che il citato d.lgs. n. 124 del 2004 è stato emanato, come si è precisato nel punto precedente, in attuazione dell’art. 8 della legge n. 30 del 2003, recante «Delega al Governo in materia di occupazione e mercato del lavoro». Il suddetto art. 8 concerne, in particolare, la razionalizzazione delle funzioni ispettive in materia di previdenza sociale e di lavoro. Il comma 2, lettera d), di tale norma si riferisce alla «semplificazione dei procedimenti sanzionatori amministrativi e possibilità di ricorrere alla direzione regionale del lavoro».

Il capo IV del decreto legislativo qui richiamato è dedicato ai ricorsi amministrativi. In particolare, l’art. 16 (menzionato dal rimettente come tertium comparationis) disciplina il ricorso alla direzione regionale del lavoro e prevede, nel comma 1, che «Nei confronti della ordinanza-ingiunzione emessa, ai sensi dell’articolo 18 della legge 24 novembre 1981, n. 689, dalla Direzione provinciale del lavoro, fermo restando il ricorso in opposizione di cui all’art. 22 della medesima legge, è ammesso ricorso in via alternativa davanti al direttore della direzione regionale del lavoro, entro trenta giorni dalla notifica della stessa, salvo che si contesti la sussistenza o la qualificazione del rapporto di lavoro, per i quali si procede ai sensi dell’articolo 17». Nel comma 2 sono regolate le modalità di presentazione e decisione del ricorso. Il comma 3 stabilisce che «Il termine di cui all’articolo 22 della citata legge n. 689 del 1981, decorre dalla notifica del provvedimento che conferma o ridetermina l’importo dell’ordinanza-ingiunzione impugnata ovvero dalla scadenza del termine fissato per la decisione».

Il successivo art. 17, invece, disciplina il ricorso al Comitato regionale per i rapporti di lavoro, costituito presso la direzione regionale del lavoro nella composizione di cui al comma 1 della detta norma.

Il comma 2 dispone che «Tutti i ricorsi avverso gli atti di accertamento e le ordinanze-ingiunzioni delle direzioni provinciali del lavoro e avverso i verbali di accertamento degli istituti previdenziali e assicurativi che abbiano ad oggetto la sussistenza o la qualificazione dei rapporti di lavoro, vanno inoltrati alla direzione regionale del lavoro e sono decisi, con provvedimento motivato, dal Comitato di cui al comma 1 nel termine di novanta giorni dal ricevimento, sulla base della documentazione prodotta dal ricorrente e di quella in possesso dell’Amministrazione. Decorso inutilmente il termine previsto per la decisione il ricorso si intende respinto. Il ricorso non sospende l’esecutività dell’ordinanza –ingiunzione, salvo che la direzione regionale del lavoro, su richiesta del ricorrente, disponga la sospensione».

Infine, il comma 3 dell’art. 17 (norma in parte impugnata) prevede che «Il ricorso sospende i termini di cui agli articoli 14, 18 e 22 della legge 24 novembre 1981, n. 689, ed i termini di legge per i ricorsi giurisdizionali avverso i verbali degli enti previdenziali».

A tale riguardo, si deve chiarire che, come già osservato in narrativa, il citato comma 3 dell’art. 17 è stato sostituito dall’art. 34, comma 5, del decreto legislativo 1° settembre 2011, n. 150 (Disposizioni complementari al codice di procedura civile in materia di riduzione e semplificazione dei procedimenti civili di cognizione, ai sensi dell’art. 54 della legge 2009, n. 69), del seguente tenore: «[…] 3. Il ricorso sospende i termini di cui agli articoli 14 e 18 della legge 24 novembre 1981, n. 689, ed all’articolo 6, comma 6, del decreto legislativo 1° settembre 2011, n. 150, ed i termini di legge per i ricorsi giurisdizionali avverso verbali degli enti previdenziali.».

Tuttavia, tale nuova disciplina (che, tra l’altro, con l’art. 6 del d.lgs. n. 150 del 2011 ha introdotto nuove regole in tema di opposizione ad ordinanza-ingiunzione), ai sensi dell’art. 36, comma 1, del citato d.lgs. n. 150 del 2011, si applica ai procedimenti instaurati successivamente alla data di entrata in vigore dello stesso decreto (pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 21 settembre 2011, n. 220), mentre, a norma dell’art. 36, comma 2, «Le norme abrogate o modificate dal presente decreto continuano ad applicarsi alle controversie pendenti alla data di entrata in vigore dello stesso». Ne deriva che, ai giudizi promossi avverso le ordinanze ingiunzioni di cui in narrativa, con ricorso depositato il 2 dicembre 2009, continua ad applicarsi la normativa precedente sulla quale, dunque, va condotto lo scrutinio di legittimità costituzionale.

Ciò posto, è vero che gli artt. 16 e 17 del d.lgs. n. 124 del 2004 disciplinano due ipotesi di ricorsi amministrativi differenziate per materie e finalità. Infatti, il ricorso al direttore della direzione regionale del lavoro, di cui all’art. 16, è proponibile soltanto avverso ordinanze ingiunzioni emesse, ai sensi dell’art. 18 della legge n. 689 del 1981, dalle direzioni provinciali del lavoro per fatti giuridici diversi dalla contestazione circa la sussistenza e la qualificazione del rapporto di lavoro, e lo spatium deliberandi è di sessanta giorni dal ricevimento; mentre il mezzo di cui all’art. 17 è caratterizzato, per un verso, dal soggetto decidente, che è un organo collegiale, cioè il Comitato regionale per i rapporti di lavoro, istituito ad hoc con il compito di decidere tali ricorsi e, per altro verso, dall’avere ad oggetto questioni concernenti la sussistenza e la qualificazione del rapporto di lavoro, con uno spatium deliberandi di novanta giorni dal ricevimento. È pur vero, però, che tali diversità di discipline giuridiche non spiegano riflessi nel caso in questione, né incidono sia pure indirettamente sullo stesso.

Per entrambi i procedimenti, è previsto invece, avverso l’atto terminale che abbia avuto esito negativo per l’interessato, il ricorso in opposizione ai sensi dell’art. 22 della legge n. 689 del 1981. Tale previsione è contenuta nei commi 1 e 3 dell’art. 16 e nel comma 3 dell’art. 17, del d.lgs. n. 14 del 2004 (testo vigente prima della riforma attuata con il d.lgs. n. 150 del 2011).

Tuttavia, mentre l’art. 16, comma 3, fa decorrere il termine di trenta giorni, di cui all’art. 22 della legge n. 689 del 1981, «dalla notifica del provvedimento che conferma o ridetermina l’importo dell’ordinanza ingiunzione impugnata ovvero dalla scadenza del termine fissato per la decisione», l’art. 17, comma 3, stabilisce che il ricorso al Comitato sospende (tra gli altri) il medesimo termine di cui al citato art. 22.

Le implicazioni di questa diversità di disciplina sono evidenti: l’art. 16, comma 3, facendo decorrere il termine per opporsi all’ordinanza-ingiunzione dalla notifica del provvedimento (che conferma o ridetermina l’importo dell’ordinanza-ingiunzione impugnata) o dalla scadenza del termine fissato per la decisione, garantisce all’interessato la conservazione dell’intero arco cronologico di trenta giorni per proporre l’opposizione giurisdizionale; in altre parole, attribuisce al ricorso alla direzione regionale del lavoro un effetto sospensivo-interruttivo.

Invece, l’art. 17, comma 3 (nel testo applicabile alla fattispecie), stabilendo che il ricorso al Comitato regionale per i rapporti di lavoro sospende il termine in questione, comporta che esso riprenda a decorrere dopo la cessazione dell’effetto sospensivo, detraendo, però, la parte già decorsa prima della presentazione del ricorso (cioè la parte compresa tra la notifica del provvedimento e la proposizione del ricorso al Comitato regionale).

Orbene, la suddetta diversità di disciplina, in presenza di due situazioni palesemente analoghe (per entrambe si tratta del termine di trenta giorni per proporre l’opposizione all’ordinanza-ingiunzione, dopo la parentesi procedimentale amministrativa, ai sensi dell’art. 22 della legge n. 689 del 1981), si rivela del tutto ingiustificata. Premesso che deve essere esclusa la possibilità di una interpretazione costituzionalmente orientata, stante il testuale riferimento (da ultimo, sentenza n. 1 del 2013) operato dall’art. 17, comma 3, alla sospensione del termine di cui si tratta, risulta palese la disparità di trattamento che viene a crearsi tra il soggetto il quale abbia proposto il ricorso previsto dall’art. 16 e quello che abbia utilizzato il rimedio stabilito dall’art. 17 del d.lgs. n. 124 del 2004.

Tuttavia, ancor più evidente si rivela la manifesta irragionevolezza della sospensione del corso del termine statuito da quest’ultima norma. Per effetto di essa, la parte che, dopo l’esito negativo del ricorso amministrativo, intenda attivare il rimedio giurisdizionale disciplinato dall’art. 22 della legge n. 689 del 1981, può vedersi ridurre il relativo termine fin quasi alla sua scomparsa (nel caso di specie, alla parte privata residuavano soltanto nove giorni, rispetto ai trenta ordinariamente previsti, per proporre le opposizioni alle ordinanze-ingiunzioni).

La norma censurata, dunque, viene a porsi in contrasto con l’art. 3 Cost., per disparità di trattamento e per manifesta irragionevolezza della disciplina in essa stabilita; ma si pone in contrasto, altresì, con l’art. 113, secondo comma, Cost., sotto il profilo dell’effettività della tutela giurisdizionale, fortemente limitata dalla sospensione del termine per proporre l’opposizione all’ingiunzione.

Né giova addurre il carattere facoltativo del ricorso amministrativo de quo, rimesso alla libera scelta della parte intimata, la quale potrebbe anche ricorrere – nello stesso termine di trenta giorni dalla notifica dell’ordinanza-ingiunzione – all’autorità giudiziaria ordinaria, ai sensi dell’art. 22 della legge n. 689 del 1981.

Si deve replicare che rientra, senza dubbio, nella discrezionalità del legislatore organizzare la disciplina del processo e conformare gli istituti processuali (ex plurimis: sentenze n. 17 del 2011; n. 230 e n. 50 del 2010). Tuttavia, una volta che tale discrezionalità sia stata esercitata e l’istituto, o gli istituti, siano stati introdotti nell’ordinamento, è anche necessario assicurarne la conformità alla Costituzione, a prescindere dal carattere, facoltativo o meno, della tutela giurisdizionale ad essi affidata.

Conclusivamente, deve essere dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art. 17, comma 3, del d.lgs. n. 124 del 2004 (nel testo vigente prima dell’entrata in vigore del d.lgs. n. 150 del 2011), nella parte in cui dispone che il ricorso al Comitato regionale per i rapporti di lavoro sospende anziché interrompe il termine di cui all’art. 22 della legge n. 689 del 1981.

a name=”dispositivo”>

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

1) dichiara l’illegittimità costituzionale dell’articolo 17, comma 3, del decreto legislativo 23 aprile 2004, n. 124 (Razionalizzazione delle funzioni ispettive in materia di previdenza sociale e di lavoro, a norma dell’articolo 8 della legge 14 febbraio 2003, n. 30), nel testo vigente prima dell’entrata in vigore del decreto legislativo 1°settembre 2011, n. 150 (Disposizioni complementari al codice di procedura civile in materia di riduzione e semplificazione dei procedimenti civili di cognizione, ai sensi dell’articolo 54 della legge 18 giugno 2009, n. 69), nella parte in cui dispone che il ricorso al Comitato regionale per i rapporti di lavoro sospende anziché interrompe il termine di cui all’art. 22 della legge n. 689 del 1981 (Modifiche al sistema penale);

2) dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale del medesimo articolo 17, comma 3, del d.lgs. n. 124 del 2004, sollevata, in riferimento agli articoli 76 e 77 della Costituzione, dal Tribunale ordinario di Brindisi, sezione distaccata di Francavilla Fontana, con l’ordinanza indicata in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 3 giugno 2013.

F.to:

Franco GALLO, Presidente

Alessandro CRISCUOLO, Redattore

Gabriella MELATTI, Cancelliere

Depositata in Cancelleria il 5 giugno 2013.

Il Direttore della Cancelleria

F.to: Gabriella MELATTI

La Redazione

Autore: La Redazione

Condividi questo articolo su