Agenzia Entrate: rientro in Italia distaccato all’estero – regime speciale per lavoratori impatriati

L’Agenzia delle Entrate, con la risposta n. 683 del 7 ottobre 2021, ha fornito alcuni chiarimenti in merito al regime speciale per coloro i quali rientrano in Italia per la naturale scadenza di un distacco all’estero e riprendono la posizione lavorativa precedente l’espatrio.

 

La risposta dell’Agenzia delle Entrate

L’articolo 16 del decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 147 ha introdotto il ” regime speciale per lavoratori impatriati“. La citata disposizione è stata oggetto di modifiche normative, operate dall’articolo 5 del decreto-legge 30 aprile 2019, n.    34

(convertito dalla legge 28 giugno 2019, n. 58), in vigore dal 1° maggio 2019, che trovano applicazione, ai sensi del comma 2 del citato articolo 5 del decreto legge n. 34 del 2019, come modificato dall’articolo 13-ter, comma 1, del decreto legge 26 ottobre 2019, n. 124, convertito dalla legge 19 dicembre 2019, n. 157 “a partire dal periodo d’imposta in corso, ai soggetti che a decorrere dal 30 aprile 2019 trasferiscono la residenza in Italia ai sensi dell’articolo 2 del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e risultano beneficiari del regime previsto dall’articolo 16 del decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 147“.

Per fruire del trattamento di cui all’articolo 16 del decreto internazionalizzazione, come modificato dal decreto crescita, è necessario, ai sensi del comma 1, che il lavoratore:

  1. trasferisca la residenza nel territorio dello Stato ai sensi dell’articolo 2 del TUIR;
  2. non sia stato residente in Italia nei due periodi d’imposta antecedenti al trasferimento e si impegni a risiedere in Italia per almeno 2 anni;
  3. svolga l’attività lavorativa prevalentemente nel territorio

In base al successivo comma 2, il cui contenuto è rimasto immutato rispetto alla versione dell’articolo 16 in vigore fino al 30 aprile 2019, sono destinatari del beneficio fiscale in esame, inoltre, i cittadini dell’Unione europea o di uno Stato extra UE con il quale risulti in vigore una Convenzione contro le doppie imposizioni o un accordo sullo scambio di informazioni in materia fiscale che:

  1. sono in possesso di un titolo di laurea e abbiano svolto “continuativamente” un’attività di lavoro dipendente, di lavoro autonomo o di impresa fuori dall’Italia negli ultimi 24 mesi o più, ovvero
    1. abbiano svolto “continuativamente” un’attività di studio fuori dall’Italia negli ultimi 24 mesi o più, conseguendo un titolo di laurea o una specializzazione post lauream.

    L’agevolazione in esame è fruibile dai contribuenti per un quinquennio a decorrere dal periodo di imposta in cui trasferiscono la residenza fiscale in Italia, ai sensi dell’articolo 2 del TUIR, e per i quattro periodi di imposta successivi (cfr. articolo 16, comma 3, decreto legislativo n. 147 del 2015).

    Per accedere al regime speciale, il citato articolo 16 presuppone, inoltre, che il soggetto non sia stato residente in Italia per due periodi di imposta precedenti il rientro.

    In relazione alle modifiche normative che hanno ridisegnato il perimetro di applicazione del suddetto regime agevolativo a partire dal periodo di imposta 2019, con particolare riferimento ai requisiti soggettivi ed oggettivi per accedere all’agevolazione, ai presupposti per accedere all’ulteriore quinquennio agevolabile, all’ambito temporale di applicazione della sopra richiamata disposizione, alle modifiche normative concernenti il requisito dell’iscrizione all’anagrafe degli Italiani residenti all’estero (c.d. AIRE) per fruire dell’agevolazione fiscale in esame sono stati forniti puntuali chiarimenti con circolare n. 33/E del 28 dicembre 2020, cui si rinvia per una completa disamina degli aspetti di carattere generale della normativa in esame. Con riferimento, in particolare, ai contribuenti che rientrano a seguito di distacco all’estero, la recente circolare 33/E (par. 7.1) precisa, tra l’altro, che non spetta il beneficio fiscale in esame nell’ipotesi di distacco all’estero con successivo rientro, in presenza del medesimo contratto e presso il medesimo datore di lavoro. Diversamente, nell’ipotesi in cui l’attività lavorativa svolta dall’impatriato costituisca una “nuova” attività lavorativa, in virtù della sottoscrizione di un nuovo contratto di lavoro, diverso dal contratto in essere in Italia prima del distacco, e quindi l’impatriato assuma un ruolo aziendale differente rispetto a quello originario, lo stesso potrà accedere al beneficio a decorrere dal periodo di imposta in cui ha trasferito la residenza fiscale in Italia. Al riguardo, si precisa che l’agevolazione non è applicabile nelle ipotesi in cui il soggetto, pur in presenza di un “nuovo” contratto per l’assunzione di un “nuovo” ruolo aziendale al momento dell’impatrio, rientri in una situazione di “continuità” con la precedente posizione lavorativa svolta nel territorio dello Stato prima dell’espatrio.

    Ciò accade, ad esempio, quando i termini e le condizioni contrattuali, indipendentemente dal “nuovo” ruolo aziendale e dalla relativa retribuzione, rimangono di fatto immutati al rientro presso il datore di lavoro in virtù di intese di varia natura, quali la sottoscrizione di clausole inserite nelle lettere di distacco ovvero negli accordi con cui viene conferito un nuovo incarico aziendale, dalle quali si evince che, sotto il profilo sostanziale, continuano ad applicarsi le originarie condizioni contrattuali in essere prima dell’espatrio.

    A titolo meramente esemplificativo, costituiscono indice di una situazione di continuità sostanziale:

    • il riconoscimento di ferie maturate prima del nuovo accordo contrattuale;
    • il riconoscimento dell’anzianità dalla data di prima assunzione;
    • l’assenza del periodo di prova;
    • clausole volte a non liquidare i ratei di tredicesima (ed eventuale quattordicesima) maturati nonché il trattamento di fine rapporto al momento della sottoscrizione del nuovo accordo;
    • clausole in cui si prevede che alla fine del distacco, il distaccato sarà reinserito nell’ambito dell’organizzazione della Società distaccante e torneranno ad applicarsi i termini e le condizioni di lavoro presso la Società di appartenenza in vigore prima del distacco.

    Diversamente, laddove le condizioni oggettive del nuovo contratto (prestazione di lavoro, termine, retribuzione) richiedano un nuovo rapporto obbligatorio in sostituzione di quello precedente, con nuove ed autonome situazioni giuridiche cui segua un mutamento sostanziale dell’oggetto della prestazione e del titolo del rapporto, l’impatriato potrà accedere al beneficio fiscale in esame.

    Con riferimento al collegamento tra il trasferimento della residenza fiscale in Italia e lo svolgimento della attività lavorativa nel territorio dello Stato, la citata circolare n. 33/E del 2020, paragrafo 1, rinviando ai chiarimenti già forniti con circolare n. 17/E del 23 maggio 2017 (Parte II, paragrafo 3.1), precisa che deve essere ravvisabile un nesso causale tra il trasferimento della residenza fiscale in Italia e l’inizio dell’attività lavorativa per la quale il regime speciale prevede una tassazione agevolata dei redditi prodotti in Italia.

    Al riguardo, l’articolo 2 del TUIR dispone che si considerano residenti le persone che per la maggior parte del periodo d’imposta sono iscritte nelle anagrafi della popolazione residente o hanno nel territorio dello Stato il domicilio o la residenza ai sensi del codice civile, che definisce la residenza come il luogo di dimora abituale e il domicilio come la sede principale dei propri affari e interessi.

    Le condizioni appena indicate sono tra loro alternative, pertanto, la sussistenza, per la maggior parte del periodo d’imposta, anche di una sola di esse è sufficiente a far ritenere che un soggetto sia qualificato, ai fini fiscali, residente in Italia.

    Con riferimento al caso di specie si osserva, preliminarmente, che il rientro dell’ Istante in Italia al 31 gennaio 2021 è avvenuto, al termine naturale della proroga del periodo di distacco, presso la società distaccante BETA.

    L’Istante dichiara che cesserà il rapporto di lavoro con BETA per avviarlo con IPSLON mediante la stipula di un “nuovo” contratto in cui “le ferie non saranno riconosciute, però sarà riconosciuta l’anzianità dalla prima data di assunzione, e non vi sarà alcun periodo di prova.

    Per quanto attiene il trattamento di fine rapporto, quest’ultimo è accantonato ai fondi pensione e quindi non c’è, quasi mai, liquidazione dello stesso anche nel caso di cessazione del rapporto di lavoro“.

    Al riguardo, dalla documentazione prodotta in allegato all’istanza emerge che relativamente al rapporto di distacco:

    • negli accordi di espatrio è previsto che per tutta la durata del distacco il rapporto di lavoro dipendente resta con BETA e che “tutte le condizioni e i trattamenti economici stabiliti nel presente Accordo connessi con la circostanza dell’espatrio cesseranno al momento della conclusione dello stesso“;
    • gli stessi accordi precisano che il salario annuo lordo (retribuzione fissa) “sarà corrispondente alla retribuzione percepita al momento del Suo espatrio che verrà aggiornata durante la vigenza del presente Accordo qualora previsto dalla Politica Salariale della Società di origine” e che per la retribuzione variabile “Si riconoscerà in base al vigente Sistema di Valutazione degli obiettivi di performance e in base alla Politica salariale stabilita nel Suo Paese di origine“.

    Le descritte previsioni contrattuali disciplinanti il “distacco” da BETA, unitamente a quelle richiamate dallo stesso istante relative al “nuovo” contratto da stipularsi con altra società del gruppo che, tra l’altro, avverrebbe comunque dopo il rientro in Italia presso la società originaria, portano a considerare che la posizione lavorativa assunta dall’Istante al rientro, sia in sostanziale “continuità” con la precedente posizione lavorativa.

    Nel caso di specie, pertanto, non si ravvisa il requisito della “discontinuità lavorativa“, in assenza del quale l’accesso al regime fiscale agevolativo in commento deve considerarsi precluso.

    Resta fermo che la verifica della sussistenza dei presupposti per stabilire l’effettiva residenza fiscale di un soggetto riguarda elementi di fatto che, come precisato con circolare n. 9/E del 1° aprile 2016, non possono essere oggetto di istanza di interpello ai sensi dell’articolo 11 della legge n. 212 del 2000. Il presente parere viene reso sulla base degli elementi e dei documenti presentati, assunti acriticamente così come illustrati nell’istanza di interpello, nel presupposto della loro veridicità e concreta attuazione del contenuto.

Fonte: Agenzia Entrate

La Redazione

Autore: La Redazione

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