Cassazione: omessa denuncia all’Inps – ipotesi di evasione contributiva

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La Cassazione, con sentenza n. 21250 dell’8 ottobre 2014, ha affermato che l’omessa, tardiva o infedele denuncia mensile all’Inps (attraverso i c.d. Modelli DM10) di rapporti di lavoro o di retribuzioni erogate, sebbene registrati nei libri di cui è obbligatoria la tenuta, concretizza l’ipotesi di evasione contributiva e non la meno grave fattispecie di omissione contributiva.

Grava sul datore di lavoro inadempiente l’onere di provare la mancanza dell’intento fraudolento e, quindi, la sua buona fede, onere che non può tuttavia reputarsi assolto in ragione della avvenuta corretta annotazione dei dati sui libri di cui è obbligatoria la tenuta.

 


 

 Sentenza n. 21250 dell’8 ottobre 2014

 L’INPS proponeva appello contro la sentenza del Tribunale di Firenze che aveva accolto l’opposizione a cartella esattoriale della s.p.a. F.V. ex art. 24 d.lgs. n.46\1999 ed aveva dichiarato illegittima l’iscrizione a ruolo (n. X ) delle somme aggiuntive, disponendo che queste fossero ricalcolate a norma dell’art.116, comma 8, lett. A), legge n. 388/2000.

A tal fine l’Istituto appellante sosteneva che, nella fattispecie, doveva palarsi di “evasione” contributiva e non soltanto di “omissione”, o mancato pagamento. Chiedeva pertanto che, in riforma della sentenza impugnata, l’opposizione a ruolo esattoriale proposta in primo grado, venisse rigettata “in toto”.

La Cerit s.p.a. rimaneva contumace, come già in primo grado.

La società appellata, invece, si costituiva resistendo al gravame.

La Corte d’appello di Firenze, con sentenza depositata il 15 gennaio 2008, in riforma della sentenza impugnata rigettava l’opposizione proposta in primo grado dalla società, compensando le spese del doppio grado.

La Corte fiorentina osservava che, essendo pacifica la avvenuta omissione contributiva complessiva per euro 1.004.548,44 (inerente il periodo luglio 1998- settembre 2001), le parti controvertevano soltanto circa la disciplina delle somme aggiuntive ed interessi.

Più in particolare, la tesi della F.V. s.p.a., accolta dal Tribunale di Firenze, si sostanziava nel rilievo che la fattispecie rientrerebbe nella previsione di un “mancato pagamento” di contributi, il cui ammontare era facilmente rilevabile dalle denunzie (che la Corte accertava come tardive) mensili presentate dall’azienda (cosiddetti modelli DM insoluti, o comunque pagati successivamente ai trenta giorni), mentre l’INPS sosteneva trattarsi di un’ipotesi di “evasione” in quanto la presentazione dei modelli DM non era avvenuta nei termini di legge, cosi che era stato applicato il regime delle somme aggiuntive di cui alla lettera B) del comma 8 della L. n. 388\00. La Corte ha ritenuto tardiva la presentazione dei (tutti) DM10, accertando che non vi era stato neppure il pagamento nei termini previsti.

Per la cassazione propone ricorso la società, affidato a sette motivi, poi illustrati con memoria.

L’INPS ha depositato delega in calce al ricorso notificato, mentre la Cerits.p.a. è rimasta intimata.

Motivi della decisione

1-Con il primo motivo la ricorrente denuncia una omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo della controversia (art. 360, comma 1, n.5 c.p.c.).

Lamenta che la sentenza impugnata valutò erroneamente la circostanza della intempestività della presentazione dei Modd. DM10 all’INPS, circostanza neppure eccepita dall’Istituto nella memoria di costituzione in primo grado.

Il motivo presenta profili di inammissibilità devolvendo a questa S.C. la questione della tempestività o meno della presentazione dei Modd. DM10 per difetto della relativa eccezione da parte dell’INPS, e dunque un “error in procedendo”, estraneo al vizio di motivazione.

In ogni caso gli atti difensivi dell’INPS, che secondo la sentenza impugnata contenevano la detta eccezione, non sono stati depositati dalla società ricorrente, impedendo così alla Corte di esaminare la questione (Cass. sez. un. 22.5.12 n. 8077).

2. – Con il secondo motivo la ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c. (art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c.).

Lamenta che la cartella di pagamento prevedeva come regime sanzionatorio la L. n. 388\00 art. 116, comma 8, lett.b) per DM10 insoluti. Essendo in sostanza questa la materia del contendere, non avrebbe potuto la Corte di merito pronunciare oltre i limiti di essa, applicando la più sfavorevole disciplina di cui alla L. n. 662\96.

Il motivo è inammissibile.

Occorre infatti evidenziare che nel processo civile, governato dal principio dispositivo, la materia del contendere è quella devoluta al giudice dalle parti, e nella specie non risultano prodotte le cartelle di pagamento in questione, né, sovrattutto, la corrispondente devoluzione al giudice di appello dell’eccezione, attraverso la necessaria produzione degli atti difensivi ove la questione sarebbe stata proposta.

3. – Con il terzo motivo la ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 324 c.p.c. e 2909 c.c. (art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c.).

Lamenta che la sentenza impugnata sarebbe incorsa nelle denunciate violazioni per aver ritenuto, in assenza di appello sul punto, che i Modd.DM10, che il Tribunale accertò essere stati presentati tempestivamente, fossero invece stati presentati tardivamente.

Il motivo è inammissibile per non essere stati prodotti, né adeguatamente specificatone il contenuto, gli atti difensivi dell’INPS, ciò che impedisce a questa Corte, anche in caso di denunciato error in procedendo, l’esame diretto degli atti di causa (Cass. sez. un. 22.5.12 n. 8077).

4.- Con il quarto ed il sesto motivo la ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 116, comma 8, L. n. 388\00 (art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c.), oltre ad omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo della controversia (art. 360, comma 1, n.5 c.p.c.).

Lamenta che la Corte di merito omise di considerare che buona parte dei contributi omessi ineriva un periodo successivo all’entrata in vigore della L. n. 388\00.

Lamenta che la sentenza impugnata non considerò che almeno una parte delle sanzioni ricadevano sotto il regime della L. n. 388\00, essendo parte degli omessi versamenti contributivi successivi all’entrata in vigore della L. n. 388\00.

I motivi, da trattarsi congiuntamente per evidenti ragioni di connessione, sono parzialmente fondati. Ed invero, come è sostanzialmente pacifico tra le parti, i contributi omessi sono in parte del 2001 sicché in nessun caso poteva applicarsi, per tali omissioni contributive, il regime antecedente la L. n. 388\00, facendo il comma 18 dell’art. 116 riferimento ai crediti in essere ed accertati e entro il 30.9.00; per i crediti soggetti alla L. n. 388\00 per l’evasione è necessaria inoltre l’intenzionalità dell’elusione, comma 8 art. 116.

Ciò basta per cassare “in parte qua” la sentenza impugnata.

5. – Con il quinto motivo la ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 116, comma 8, L. n. 388\00 sotto un diverso profilo (art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c.).

Lamenta che la sentenza impugnata non solo non considerò che almeno una parte dei Modd. DM10 erano stati tempestivi, seppur non seguiti dai prescritti versamenti, e che lo stesso INPS, nella Circolare n. 66\08, ritenne che nell’ipotesi di “omissione contributiva rientra anche la mancata o tardiva presentazione della denuncia mensile DM10 a condizione che il datore di lavoro abbia adempiuto nei termini di legge alla comunicazione di assunzione e che il lavoratore sia registrato nei libri paga e matricola”.

Formula il seguente quesito di diritto: “dica la Corte se costituisca violazione o falsa applicazione di legge l’aver considerato sussistente la previsione di cui all’art. 116, comma 8 sub b), in luogo della previsione di cui all’art 116, comma 8, sub a) L. n. 388\00, qualora la denuncia contributiva di DM/ 10 sia stata ritualmente e fedelmente presentata, ovvero, sia stata presentata in ritardo ma, prima di denunce, accessi ispettivi, diffide, etc., pur senza che sia seguito il versamento dei contributi.

Il motivo, quanto alle omissioni contributive realizzatesi al 30 settembre 2000, è evidentemente infondato. Quanto alla Circolare INPS deve osservarsi che le circolari sono atti interni della pubblica amministrazione che vincolano gli uffici dipendenti ad un determinato comportamento nello svolgimento dell’attività amministrativa ma non possono far sorgere alcun diritto soggettivo a favore di privati, né sono vincolanti per il giudice, specie se in contrasto con norme di legge (Cass. n. 2123\73, Cass. n. 14619\00, Cass. n. 21461\07).

6. – Con il settimo motivo la ricorrente denuncia ancora una omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo della controversia (art. 360, comma 1, n. 5 c.p.c.).

Lamenta che la Corte di merito sarebbe potuta pervenire alla decisione impugnata solo ove avesse accertato che tutti i Modd. DM10 (e non solo alcuni) fossero stati presentati in ritardo, mentre ciò non risultava dalla documentazione in atti, dalla quale si evinceva, all’opposto e chiaramente, che parte dei Mod. DM10 erano stati presentati tempestivamente.

Il motivo è inammissibile laddove la ricorrente non ha specificamente contestato quanto accertato dalla Corte di merito in senso contrario. La società, peraltro, si limita a produrre in copia una serie di DM10, senza altre specificazioni, demandando così a questa Corte una inammissibile indagine di fatto consistente nella selezione dei documenti rilevanti ai fini del decidere (Cass. 7 febbraio 2012 n.1716).

7. – Deve dunque concludersi che mentre per le omissioni poste in essere dopo il 30.9.00 è applicabile il regime sanzionatorio di cui alla L. n. 388\00, per quelle precedenti, anche per non esservi stato pagamento, la disciplina previgente.

La questione è stata già esaminata da questa Corte (sentenza 21 luglio 2010 n. 17099) che, nel confermare il consolidato orientamento circa la irretroattività del regime sanzionatorio di cui alla legge n. 388 del 2000 (ex plurimis, Cass, 12 aprile 2010 n. 8651; Cass. 8 marzo 2007 n, 5305; Cass. 13 luglio 2005 n. 14771; Cass. 9 aprile 2004 n. 6972; Cass. 17 dicembre 2003 n. 19334), ha chiarito che in tema di sanzioni per il ritardato o omesso pagamento di contributi previdenziali, la disposizione di cui all’art. 116, comma diciotto, della legge n.388 del 2000 condiziona inequivocabilmente l’applicazione della normativa sanzionatoria previgente (legge n.662 del 1996) alla circostanza che sussista un credito per contributi alla data del 30 settembre 2000, con la conseguenza che il nuovo regime sanzionatorio (L. n. 388\00) è applicabile, qualora si tratti di violazioni commesse antecedentemente, soltanto nel caso in cui il credito dell’INPS per contributi sia stato soddisfatto alla data del 30 settembre 2000. Né può ritenersi che tale regime sia applicabile anche a violazioni commesse antecedentemente e non ancora soddisfatte, qualora il provvedimento amministrativo (ordinanza ingiunzione o cartella esattoriale) sia stato notificato dopo l’entrata in vigore della legge n. 388\00, posto che l’ordinanza – ingiunzione non costituisce un provvedimento amministrativo costitutivo, ma un atto puramente esecutivo, preordinato soltanto alla riscossione di un credito già sorto per effetto della violazione commessa.

Questa Corte ha dunque affermato che l’omessa, tardiva o infedele denuncia mensile all’INPS (attraverso i cosiddetti modelli DM10) di rapporti di lavoro o di retribuzioni erogate, ancorché registrati nei libri di cui è obbligatoria la tenuta, concretizza l’ipotesi di “evasione contributiva” di cui all’art. 116, comma 8, lett. B), della legge n. 388 de! 2000, e non la meno grave fattispecie di “omissione contributiva” di cui alla lettera A) della medesima norma; conseguentemente, grava semmai sul datore di lavoro inadempiente l’onere di provare la mancanza dell’intento fraudolento e, quindi, la sua buona fede (da ultimo, Cass. n. 4188\13), onere che non può tuttavia reputarsi assolto in ragione della avvenuta corretta annotazione dei dati sui libri di cui è obbligatoria la tenuta (cfr. Cass. 27 dicembre 2011 n. 28966).

8. – Debbono dunque accogliersi, come da motivazione, il quarto ed il sesto motivo del ricorso, rigettarsi i restanti.

La sentenza impugnata va dunque cassata in relazione alle censure accolte, con rinvio ad altro giudice, in dispositivo indicato, al fine dell’esatta quantificazione delle sanzioni dovute dalla società ricorrente, il quale provvederà anche alla regolazione delle spese, compreso il presente giudizio di legittimità.

P.Q.M.

Accoglie il quarto ed il sesto motivo di ricorso, come da motivazione, e rigetta i restanti. Cassa la sentenza impugnata in relazione alle censure accolte e rinvia, anche per le spese, alla Corte d’appello di Bologna.

La Redazione

Autore: La Redazione

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