Agenzia Entrate: impatriati – emolumenti riferibili ad attività lavorativa svolta nel Stato estero durante il regime agevolato

L’Agenzia delle Entrate, con l’interpello n. 274/E del 28 ottobre 2025, fornisce alcuni chiarimenti in merito al ”regime speciale per i lavoratori impatriati”, di cui all’articolo 16 del d.lgs. n. 147 del 2015. In particolare, se possa applicarsi anche ai redditi di lavoro dipendente di natura differita (i.e. Long Term Incentive Plan e Deferred Bonus Plan), da corrispondere ai dipendenti che hanno già trasferito la residenza fiscale all’estero. I predetti emolumenti matureranno nel 2025, ma sono riferibili ad attività lavorativa svolta nel territorio dello Stato durante il periodo di fruizione del ”regime speciale per lavoratori impatriati” da parte dei dipendenti.
La risposta dell’Agenzia delle Entrate
Preliminarmente, si osserva che non è oggetto dell’istanza di interpello la valutazione delle condizioni richieste dal Legislatore per la fruizione delle disposizioni fiscali agevolative di cui all’articolo 16 del decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 147, concernente il «regime speciale per lavoratori impatriati».
Il presente parere sarà fornito, pertanto, nel presupposto che gli ex dipendenti della Società istante abbiano fruito legittimamente, dal 2021 al 2024, del citato regime fiscale.
Il presente parere sarà reso, inoltre, nel presupposto che la Società abbia assegnato ai tre ex dipendenti redditi derivanti da piani di incentivazione azionaria (stock option e strumenti similari), così come genericamente indicato nell’istanza.
L’articolo 3, comma 1, del TUIR prevede che «L’imposta si applica sul reddito complessivo del soggetto, formato per i residenti da tutti i redditi posseduti al netto degli oneri deducibili indicati nell’articolo 10 e per i non residenti soltanto da quelli prodotti nel territorio dello Stato».
In base alla citata disposizione, i soggetti residenti sono assoggettati ad imposizione sui redditi ovunque prodotti, mentre i non residenti sono soggetti a imposizione sui soli redditi che si considerano prodotti in Italia ai sensi dell’articolo 23 del medesimo TUIR.
In merito alla tassazione dei redditi di lavoro dipendente prodotti da soggetti non residenti, la lettera c) del comma 1 del citato articolo 23 stabilisce che si considerano prodotti in Italia «i redditi di lavoro dipendente prestato nel territorio dello Stato».
Al riguardo, si rammenta che l’articolo 49 del TUIR definisce redditi di lavoro dipendente quelli che «derivano da rapporti aventi per oggetto la prestazione di lavoro, con qualsiasi qualifica, alle dipendenze e sotto la direzione di altri», mentre, per la relativa determinazione, il successivo articolo 51 stabilisce che «il reddito di lavoro dipendente è costituito da tutte le somme e i valori in genere, a qualunque titolo percepiti nel periodo d’imposta, anche sotto forma di erogazioni liberali, in relazione al rapporto di lavoro».
Rientrano, pertanto, in tale ultima disposizione anche i compensi in natura, tra i quali vanno annoverate le assegnazioni di titoli e diritti, stimati in base al loro ”valore normale”, così come determinato ai sensi dell’articolo 9, comma 4, del TUIR.
Ai fini dell’individuazione del periodo di imposta in cui considerare prodotto il reddito, occorre avere riguardo al momento in cui viene esercitata l’opzione, non rilevando l’effettiva consegna del titolo o le annotazioni contabili successive (cfr. risoluzioni n. 29/E del 20 marzo 2001, e n. 366/E del 12 dicembre 2007).
Nel caso prospettato, l’Istante rappresenta di aver assunto i 3 ex dipendenti nel 2021, che tali lavoratori hanno cessato il rapporto di lavoro con la Società nel corso del 2024 per successivamente trasferirsi in Grecia, e che agli stessi ha assegnato redditi di natura differita nel 2022 (Long Term Incentive Plan) e nel 2023 (Deferred Bonus Plan), entrambi con maturazione prevista nel 2025.
La Società precisa, inoltre, che tali emolumenti di natura differita «sono riferibili ad attività lavorativa svolta nel territorio dello Stato durante il periodo di fruizione del Regime speciale da parte dei tre ex dipendenti della Società istante» (cfr. pag. 2 dell’istanza di interpello).
Sulla base di quanto rappresentato, si ritiene che i redditi derivanti dai piani di incentivazione azionaria citati nell’istanza possano essere ricondotti alla categoria dei redditi di lavoro dipendente e che gli stessi, maturati nel 2025, periodo d’imposta in cui gli ex dipendenti beneficiari risultano fiscalmente residenti in Grecia, debbano essere assoggettati ad imposizione nel nostro Stato, ai sensi dell’articolo 23, comma 1, lettera c), del TUIR, per la parte riferita all’attività lavorativa svolta in Italia.
Tanto chiarito sotto il profilo della normativa italiana, occorre, tuttavia, considerare le disposizioni internazionali contenute in accordi conclusi dall’Italia con gli Stati esteri.
Il principio della prevalenza del diritto convenzionale sul diritto interno è, difatti, pacificamente riconosciuto nell’ordinamento italiano e, in ambito tributario, è sancito dall’articolo 169 del TUIR e dall’articolo 75 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, oltre ad essere stato affermato dalla giurisprudenza costituzionale.
Nel caso in esame, occorre fare riferimento alla Convenzione contro le doppie imposizioni tra Italia e Grecia (Convenzione tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo della Repubblica ellenica per evitare le doppie imposizioni in materia di imposte sul reddito e sul patrimonio e per prevenire le evasioni fiscali, firmata ad Atene il 3 settembre 1987 e ratificata in Italia con legge 30 dicembre 1989, n. 445).
In particolare, l’articolo 15, paragrafo 1, della citata Convenzione prevede che «Salve le disposizioni degli articoli 16, 18 e 19, i salari, gli stipendi e le altre remunerazioni analoghe che un residente di uno Stato contraente riceve in corrispettivo di una attività dipendente sono imponibili soltanto in detto Stato [ndr. Stato della residenza], a meno che tale attività non venga svolta nell’altro Stato contraente. Se l’attività è quivi svolta, le remunerazioni percepite a tal titolo sono imponibili in questo altro Stato [ndr. Stato della fonte]» (traduzione non ufficiale).
La citata disposizione convenzionale stabilisce, come regola generale per i redditi da lavoro dipendente, un regime di tassazione esclusiva nello Stato di residenza del contribuente (in specie, Grecia) e, come eccezione, la tassazione concorrente tra lo Stato di residenza e quello di svolgimento dell’attività di lavoro dipendente (Stato della fonte, in specie, Italia) allorquando non coincidano.
Come chiarito anche nella risposta ad istanza di interpello n. 316 pubblicata il 7 settembre 2020, il Commentario all’articolo 15 del Modello OCSE (versione 2017) afferma che l’espressione ”i salari, gli stipendi e le altre remunerazioni analoghe” include anche i redditi in natura, tra cui colloca, tra l’altro, le stock option (cfr. par. 2.1) e chiarisce che la potestà impositiva dello Stato della fonte è subordinata alla condizione che tali compensi in natura derivino da un’attività di lavoro dipendente svolta in detto Stato, non rilevando l’eventuale diverso momento in cui il reddito è corrisposto (par. 2.2) e la circostanza che la tassazione avvenga in un periodo d’imposta successivo, in cui il dipendente non lavora più in detto Stato (cfr. par. 12.1 e12.3).
Inoltre, secondo il Commentario, stabilire se, e in che misura, una stock option sia ricollegabile ad attività di lavoro dipendente svolta in un dato Stato implica una valutazione che deve essere effettuata in ciascun caso esaminando tutti gli elementi rilevanti, comprese le condizioni contrattuali del piano, correlati alla suddetta attività lavorativa (cfr. par. 12.6).
In linea con i criteri elaborati dall’OCSE, quindi, il collegamento con il territorio italiano si considera sussistente se nel vesting period, ossia nel periodo di maturazione del diritto, il dipendente ha svolto attività di lavoro nel nostro Paese. Qualora sussista tale collegamento, il relativo reddito rileverà fiscalmente in Italia.
Come riportato sopra, nel caso prospettato, la Società ha dichiarato che gli emolumenti differiti «sono riferibili ad attività lavorativa svolta nel territorio dello Stato durante il periodo di fruizione del Regime speciale da parte dei tre ex dipendenti (…)» (cfr. pag. 2 dell’istanza di interpello).
Anche ai fini convenzionali, sussiste, pertanto, il diritto dello Stato italiano, come Stato della fonte, di tassare i redditi derivanti dalla partecipazione ai piani di incentivazione azionaria in esame, per la parte riferita all’attività lavorativa effettivamente prestata in Italia.
Ne consegue che l’Istante, in qualità di sostituto d’imposta, dovrà assoggettare a tassazione i suddetti redditi applicando sugli stessi la ritenuta alla fonte di cui all’articolo 23 del d.P.R. n. 600 del 1973.
Riguardo alla risposta ad istanza di interpello n. 81, pubblicata il 25 marzo 2025, citata dall’Istante, si fa presente che la stessa è stata rettificata con la risposta ad istanza di interpello n. 199, pubblicata il 4 agosto 2025, nella quale è stato affermato che
«i premi in denaro maturati in ragione di un’attività lavorativa svolta in uno Stato contraente in periodi d’imposta precedenti a quello della relativa erogazione, nel quale il dipendente è divenuto residente dell’altro Stato contraente, devono essere sottoposti a imposizione, oltre che dallo Stato di residenza al momento dell’erogazione, anche dallo Stato in cui è stata svolta l’attività lavorativa (Stato della fonte). Come chiarito dal citato Commentario al Modello di Convenzione OCSE, infatti, le regole impositive previste dall’articolo 15 trovano applicazione indipendentemente dal momento in cui il reddito viene pagato al lavoratore dipendente. Spetterà allo Stato di residenza eliminare l’eventuale doppia imposizione».
Ciò premesso, con riferimento alla possibilità di applicare ai redditi in esame il ”regime speciale per lavoratori impatriati” di cui all’articolo 16 del d.lgs. n. 147 del 2015, si fa presente che la circolare n. 33/E del 28 dicembre 2020, nell’esaminare l’ipotesi di bonus percepito in annualità successive all’ultimo anno di fruizione del regime agevolativo in esame, ha chiarito (cfr. paragrafo 7.9), espressamente che «considerato che per il reddito di lavoro dipendente vale il principio di cassa, in base al quale detto reddito assume rilevanza fiscale al momento della percezione dei compensi, siano essi in denaro o in natura, ne consegue che qualora il suddetto bonus venga erogato in un periodo di imposta in cui l’impatriato è fuoriuscito dal regime agevolativo, concorrerà alla formazione del reddito complessivo secondo le regole ordinarie, e non potrà di conseguenza godere del citato regime agevolato ratione temporis».
In applicazione di tale principio, si ritiene, pertanto, che, nel caso di specie, sugli emolumenti differiti che matureranno e saranno percepiti nel corso del 2025, sebbene riferibili ad attività lavorativa svolta nel territorio dello Stato durante il periodo di fruizione del ”regime speciale per lavoratori impatriati”, gli ex dipendenti della Società non potranno beneficiare del predetto regime e gli stessi redditi dovranno essere assoggettati a tassazione in Italia secondo le regole ordinarie.
Resta fermo che la verifica della sussistenza dei presupposti per stabilire l’effettiva residenza fiscale di un soggetto riguarda elementi di fatto che, come precisato con circolare n. 9/E del 1° aprile 2016, non possono essere oggetto di istanza di interpello ai sensi dell’articolo 11 della legge 27 luglio 2000, n. 212.
Fonte: Agenzia Entrate



