Dottrina Per il Lavoro: Distacco Transnazionale – richiesta del codice fiscale italiano per una azienda straniera?

dottrina-lavoro-new-bluea cura di Roberto Camera*

 

Sembra che nella procedura relativa alla comunicazione in caso di Distacco Transazionale vi sia un bug che impedisce il corretto adempimento informatico.

La comunicazione, prevista dall’art. 10 del D.L.vo  136/2016 ed operativa dal 26 dicembre 2016, deve essere effettuata da qualsiasi azienda straniera (Ue ed extraUE) che distacca, presso aziende italiane, propri lavoratori per svolgere prestazioni transnazionale di servizi.

Ricordo che la comunicazione telematica deve avvenire al massimo entro le ore 24 del giorno precedente all’ingresso sul suolo italiano e che la mancata comunicazione comporta una sanzione amministrativa (diffidabile) da 150 a 500 euro, per ogni lavoratore interessato.

Ma qual è il bug che limita l’utilizzo della procedura telematica prevista dal “mitico” sito cliclavoro.gov.it?

Sembrerebbe che non sia possibile inserire, quale codice fiscale dell’azienda distaccataria, un codice non italiano, cosa naturale dal momento che l’adempimento previsto dalla normativa è necessariamente in capo all’azienda distaccataria straniera e che essa è in possesso esclusivamente di un codice identificativo fornito dal proprio Paese di provenienza, alla stregua della partita IVA fornita dall’Agenzia delle Entrate qui in Italia. Non credo che la normativa italiana obblighi l’azienda straniera ad aprire una partita IVA italiana, in mancanza di una sede stabile in Italia e del fatto che non svolge una attività economica rilevante in territorio nazionale.

Questa è la risposta fornita dall’e-mail istituzionale del Ministero del Lavoro (distaccoue@lavoro.gov.it) all’azienda estera che aveva evidenziato il problema:

si conferma che non è possibile inserire un’azienda che ha un codice fiscale straniero”.

Il bug non è bypassabile saltando il campo in questione, in quanto obbligatorio, né, tantomeno, inserimento un codice fiscale fittizio (es. 0000000000), in quanto la procedura effettua una ricerca probabilmente nella banca dati dell’Agenzia delle Entrate.

Credo che sia stato solo un mero errore informatico e che non vi sia nulla di vero in quest’affermazione. Qualora ciò sia vero, ritengo che l’eventuale controllo sul codice identificativo del soggetto distaccatario, che ripeto essere esclusivamente l’azienda straniera, debba avvenire attraverso la banca dati contenuta nel portale della Commissione europea, che permette la verifica delle partite iva (VIES).

 

 


* Le considerazioni sono frutto esclusivo del pensiero dell’autore e non hanno carattere in alcun modo impegnativo per l’Amministrazione di appartenenza

Roberto Camera

Autore: Roberto Camera

Esperto di diritto del Lavoro, relatore in corsi di formazione e aggiornamento professionale in materia di lavoro e ideatore del sito Dottrina Per il Lavoro (ex DPLModena) - @CameraRoberto

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