Governo: il Decreto Legge n. 101/2013 e pensionamento del personale pubblico
Con una norma di interpretazione autentica (valida, quindi, “ex tunc”), l’Esecutivo interviene a spiegare l’art. 24, comma 3, primo periodo e comma 4, secondo periodo, della legge n. 214/2011, ponendo, al momento, la parola fine ad un contenzioso in essere che aveva visto orientamenti giurisprudenziali contrastanti ma che con la sentenza n. 2446/2013 del Tar del Lazio, aveva espresso un punto a favore di chi aveva ritenuto che i nuovi limiti previsti dalla riforma “Fornero” trovassero applicazione anche nel settore pubblico.
Ciò aveva portato ad annullare il provvedimento di pensionamento di un dirigente “messo a riposo” dalla propria Amministrazione al compimento dei 65 anni (il Ministero aveva fatto ricorso al Consiglio di Stato), con la conseguente disapplicazione della circolare dl Dipartimento della Funzione Pubblica n. 2/2012.
Ora con l’art. 2, commi 4 e 5 del D.L. 31 agosto 2013, n. 101 si afferma che:
a) Il conseguimento da parte di un lavoratore dipendente delle pubbliche amministrazioni di un qualsiasi diritto a pensione entro il 31 dicembre 2011 comporta obbligatoriamente l’applicazione del regime di accesso e delle decorrenze previgenti rispetto all’entrata in vigore dell’art. 24;
b) L’art. 24, comma 4, secondo periodo, si interpreta nel senso che per i lavoratori dipendenti della P.A. il limite ordina mentale, previsto per i singoli settori di appartenenza per il collocamento a riposo d’ufficio e vigente alla data di entrata in vigore del D.L. n. 201/2011 poi, convertito, con modificazioni, nella legge n. 214/2011, non è modificato dall’elevazione dei requisiti anagrafici previsti per la pensione di vecchiaia e costituisce il limite non superabile (in genere 65 anni, con eccezioni relative ai magistrati ed ai professori universitari), se non per il trattenimento in servizio o per consentire all’interessato di conseguire la prima decorrenza utile della pensione ove la stessa non sia immediata, al raggiungimento del quale l’Amministrazione deve far cessare il rapporto di lavoro o di impiego se il lavoratore ha conseguito, a qualsiasi titolo, i requisiti per il diritto a pensione (ad esempio, 40 anni di anzianità contributiva).