INPS: restituzione della NASpI in forma anticipata in caso di rioccupazione prima della scadenza
L’INPS, con la circolare n. 36 del 4 febbraio 2025, illustra la sentenza della Corte Costituzionale n. 90/2024, che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’articolo 8, comma 4, del decreto legislativo 4 marzo 2015, n. 22, nella parte in cui non limita l’obbligo restitutorio dell’anticipazione della Nuova assicurazione sociale per l’impiego (NASpI) nella misura corrispondente alla durata del periodo di lavoro subordinato, quando il lavoratore non possa proseguire, per causa sopravvenuta a lui non imputabile, l’attività di impresa per la quale l’anticipazione gli è stata erogata.
La Consulta rileva, ai fini della dichiarata illegittimità della norma in esame, la circostanza che l’attività di impresa si sia interrotta per motivi di forza maggiore, che hanno determinato una impossibilità oggettiva che rende insuperabile la difficoltà della prosecuzione dell’attività medesima. Tali motivi non sono imputabili alla volontà del beneficiario e alle sue scelte organizzativo-gestionali.
Al riguardo, la Corte ha affermato che, se da un lato è vero che l’instaurazione del rapporto di lavoro subordinato rappresenta un indice rivelatore della mancanza di effettività e di autenticità dell’attività di lavoro autonomo o di impresa (cfr. la sentenza n. 194/2021), che giustifica la liquidazione anticipata della prestazione, è altrettanto vero che la circostanza per cui l’attività di impresa si sia svolta per un periodo apprezzabile fa sì che possa ritenersi perfezionato il requisito della effettività e della autenticità.
Peraltro, la Corte dà atto che in linea generale il rischio di impresa è insito nell’attività autonoma ed è strettamente connesso alle scelte e alla gestione da parte dell’imprenditore. Il lavoratore, ove richieda il beneficio in forma anticipata, accetta di sperimentare il percorso alternativo di promuovere un’attività imprenditoriale, assumendone anche il relativo rischio d’impresa che ne costituisce una componente intrinseca. Il rischio di impresa è, dunque, insito nella finalità stessa dell’incentivo all’autoimprenditorialità.
Sulla base di quanto indicato dalla Corte sono, pertanto, da escludere dalle ipotesi di causa di forza maggiore le procedure concorsuali previste dall’ordinamento italiano.
Si riportano di seguito, a titolo esemplificativo ma non esaustivo, gli eventi che, invece, possono qualificarsi come causa di forza maggiore:
- terremoto, uragano, alluvione, frana, maremoto, vento, ecc., per i quali sia stato dichiarato dall’autorità competente lo stato di emergenza o di calamità naturale;
- guerre e guerre civili, purché rivestano i caratteri di straordinarietà e imprevedibilità;
- incendi che, per la loro imprevedibilità e straordinarietà, non sono domabili e, comunque, non imputabili al dolo o alla colpa del beneficiario dell’incentivo;
- esplosione e distruzione di attrezzature, anche per fatti causati dall’uomo (come in caso di devastazione dolosa a opera della criminalità), purché non siano imputabili al dolo o alla colpa del beneficiario dell’incentivo;
- misure restrittive per il contrasto di pandemie ed epidemie;
- provvedimento dell’autorità giudiziaria, purché il provvedimento stesso derivi da circostanze imprevedibili e inevitabili.
Inoltre, la Corte richiama la sua precedente sentenza n. 8 del 27 gennaio 2023 nella quale, con riferimento ai principi di buona fede e correttezza enunciati dall’articolo 1175 del codice civile in tema di rapporti obbligatori, afferma che la clausola generale ivi contenuta “vincola il creditore a esercitare la sua pretesa in maniera da tenere in debita considerazione, in rapporto alle circostanze concrete, la sfera di interessi che fa riferimento al debitore”.
In questa ottica, il verificarsi di un evento di forza maggiore che renda impossibile la prosecuzione dell’attività di impresa fa sì che la richiesta di restituzione integrale del beneficio concesso in forma anticipata sia sproporzionata e irragionevole. La norma di cui all’articolo 8, comma 4, del D.lgs n. 22/2015, benché connotata da rigore, necessita di essere contemperata da una clausola di flessibilità che tenga conto delle ipotesi particolari e in funzione di ciò preveda un criterio di commisurazione dell’obbligo restitutorio.
Pertanto, la Corte ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’articolo 8, comma 4, del D.lgs n. 22/2015 nella parte in cui non limita l’obbligo restitutorio dell’anticipazione della NASpI nella misura corrispondente alla durata del periodo di lavoro subordinato, quando il lavoratore non possa proseguire, per causa sopravvenuta a lui non imputabile, l’attività di impresa per la quale l’anticipazione gli è stata erogata.
Fonte: INPS
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