Agenzia Entrate: trattamento IVA dei rimborsi per permessi fruiti dai dipendenti per l’espletamento del mandato amministrativo

L’Agenzia delle Entrate, con l’interpello n. 261/E del 9 ottobre 2025, fornisce alcuni chiarimenti in merito alla rilevanza ai fini dell’imposta sul valore aggiunto del rimborso che l’ente pubblico eroga al datore di lavoro per le ore di permesso retribuito concesse al dipendente che svolge mandato elettivo, ai sensi degli artt. 79 e 80 del decreto legislativo 267/2000.
In particolare, se i permessi retribuiti fruiti dai lavoratori dipendenti da privati o da enti pubblici economici, che svolgono il mandato elettivo di amministratore di ente pubblico, possono/devono essere considerati prestiti e/o distacchi di personale.
La risposta dell’Agenzia delle Entrate
In via preliminare si evidenzia che il presente parere viene reso con specifico riferimento alla fattispecie oggetto del quesito, riguardante esclusivamente i rimborsi degli oneri per i permessi retribuiti dei lavoratori dipendenti da privati o da enti pubblici economici, ai sensi dell’articolo 80 del decreto legislativo 267/2000 ”Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali” (di seguito ”TUEL”).
Con riferimento al presupposto oggettivo, per quanto qui di interesse, l’articolo 3 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, prevede al comma 1 che «costituiscono prestazioni di servizi le prestazioni verso corrispettivo dipendenti da contratti d’opera, appalto, trasporto, mandato, spedizione, agenzia, mediazione, deposito e in genere da obbligazione di fare, di non fare e di permettere quale ne sia la fonte».
La disposizione è conforme ai principi dettati con le norme contenute nella direttiva n. 2006/112/CE del 2006 (Titolo I articolo 2, Titolo IV articoli 24 e seguenti); al riguardo, la Corte di Giustizia UE, nel definire l’ambito oggettivo di applicazione dell’Iva, ha statuito, con ampia definizione, che «la possibilità di qualificare una prestazione di servizi come operazione a titolo oneroso presuppone unicamente l’esistenza di un nesso diretto tra tale prestazione e un corrispettivo effettivamente percepito dal soggetto passivo. Tale nesso diretto esiste qualora tra il prestatore e il destinatario intercorra un rapporto giuridico nell’ambito del quale avvenga uno scambio di reciproche prestazioni e il compenso ricevuto dal prestatore costituisca il controvalore effettivo del servizio prestato al destinatario» (cfr. sentenze 26 settembre 2013 causa C283/12; 22 giugno 2016 causa C11/15. In tal senso anche sentenze della stessa Corte di Giustizia 23 marzo 2006 causa C210/04; 3 marzo 1994 emessa nella causa C16/93). In tal senso, anche la sentenza 5 luglio 2018, C544/16, punti 36 e 37 e la circolare n. 34/E del 21 novembre 2013, nelle quali è stato precisato che affinché una prestazione di servizi possa considerarsi effettuata a titolo oneroso e configuri, pertanto, un’operazione imponibile Iva è necessario che «tra l’autore di tale prestazione e il beneficiario intercorra un rapporto giuridico nell’ambito del quale avvenga uno scambio di prestazioni sinallagmatiche, nel quale il compenso ricevuto dall’autore di tale prestazione costituisca il controvalore effettivo del servizio fornito al beneficiario. […] ciò si verifica quando esiste un nesso diretto tra il servizio fornito dal prestatore e il controvalore ricevuto […]».
Allo stesso modo la Circolare 20/E dell’11 maggio 2015 rammenta che «[…] l’applicazione dell’IVA ad una determinata operazione presuppone l’esistenza di un nesso di reciprocità fra le prestazioni (in senso lato) dedotta nel rapporto che lega le parti (pubbliche o private). Ove sussista il predetto nesso, la prestazione di denaro si qualifica come corrispettivo e l’operazione dovrà essere regolarmente assoggettata ad imposta. Diversamente, vale a dire in mancanza della funzione sinallagmatica tra gli importi erogati dalla parte pubblica o privata e la prestazione resa dalla controparte, le erogazioni di denaro si qualificano come contributi (rectius, mere movimentazioni di denaro) e, in quanto tali, saranno escluse dall’ambito di applicazione dell’imposta.»
Sostanzialmente, il presupposto oggettivo si ravvisa ogniqualvolta sussiste una correlazione tra attività finanziata ed erogazione di denaro; di conseguenza, in caso contrario il medesimo presupposto deve considerarsi escluso.
In merito alla questione interpretativa sollevata dall’Istante si rappresenta quanto segue.
In via generale, l’articolo 77, comma 1, del TUEL prevede che «La Repubblica tutela il diritto di ogni cittadino chiamato a ricoprire cariche pubbliche nelle amministrazioni degli enti locali ad espletare il mandato, disponendo del tempo, dei servizi e delle risorse necessari […]».
Ai sensi dell’articolo 79 del TUEL «I lavoratori dipendenti, pubblici e privati, componenti dei consigli comunali, provinciali, metropolitani, delle comunità montane e delle unioni di comuni, […] hanno diritto di assentarsi dal servizio per il tempo strettamente necessario per la partecipazione a ciascuna seduta dei rispettivi consigli e per il raggiungimento del luogo di suo svolgimento. […] I lavoratori dipendenti facenti parte delle giunte comunali, provinciali, metropolitane, delle comunità montane […] hanno diritto di assentarsi dal servizio per partecipare alle riunioni degli organi di cui fanno parte per la loro effettiva durata. Il diritto di assentarsi di cui al presente comma comprende il tempo per raggiungere il luogo della riunione e rientrare al posto di lavoro. […] I componenti degli organi esecutivi dei comuni, delle province, delle città metropolitane, delle unioni di comuni, delle comunità montane e dei consorzi fra enti locali, e i presidenti dei consigli comunali, provinciali e circoscrizionali […] hanno diritto, oltre ai permessi di cui ai precedenti commi, di assentarsi dai rispettivi posti di lavoro per un massimo di 24 ore lavorative al mese, elevate a 48 ore per i sindaci, presidenti delle province, sindaci metropolitani, presidenti delle comunità montane, presidenti dei consigli provinciali e dei comuni con popolazione superiore a 30.000 abitanti.[…]».
Il successivo articolo 80 del TUEL prevede che «le assenze dal servizio di cui ai commi 1, 2, 3 e 4 dell’articolo 79 sono retribuite al lavoratore dal datore di lavoro. Gli oneri per i permessi retribuiti dei lavoratori dipendenti da privati o da enti pubblici economici sono a carico dell’ente presso il quale gli stessi lavoratori esercitano le funzioni pubbliche di cui all’articolo 79. L’ente, su richiesta documentata del datore di lavoro, è tenuto a rimborsare quanto dallo stesso corrisposto, per retribuzioni ed assicurazioni, per le ore o giornate di effettiva assenza del lavoratore. […] Le somme rimborsate sono esenti da imposta sul valore aggiunto ai sensi dell’articolo 8, comma 35, della legge 11 marzo 1988, n. 67.».
Ai sensi del richiamato comma 35 dell’articolo 8, della legge 11 marzo 1988, n. 67, abrogato dal decretolegge 16 settembre 2024, n. 131, convertito con modificazioni dalla legge 14 novembre 2024, n. 166, «Non sono da intendere rilevanti ai fini dell’imposta sul valore aggiunto i prestiti o i distacchi di personale a fronte dei quali è versato solo il rimborso del relativo costo».
La Corte di Giustizia dell’Unione Europea, con la sentenza 11 marzo 2020, causa C94/19, ha affermato l’incompatibilità di questa disposizione con l’articolo 2, punto 1, della direttiva 2006/112/CE, contenente l’elenco delle operazioni soggette a Iva, nella parte in cui dispone l’irrilevanza ai fini Iva dei prestiti o dei distacchi di personale «[…] di una controllante presso la sua controllata, a fronte dei quali è versato solo il rimborso del relativo costo, a patto che gli importi versati dalla controllata a favore della società controllante, da un lato, e tali prestiti o distacchi, dall’altro, si condizionino reciprocamente».
Per i giudici unionali tale operazione rileva ai fini Iva quando tra le parti sussiste un nesso diretto in forza del quale «[…] le due prestazioni si condizionano reciprocamente, […] vale a dire che l’una è effettuata solo a condizione che lo sia anche l’altra, e viceversa […].Se pertanto dovesse essere dimostrato circostanza che spetta al giudice del rinvio verificare che il pagamento da parte della (n.d.r. controllata) degli importi che le sono stati fatturati dalla sua società controllante costituiva una condizione affinché quest’ultima distaccasse il dirigente, e che la controllata ha pagato tali importi solo come corrispettivo del distacco, si dovrebbe concludere per l’esistenza di un nesso diretto tra le due prestazioni. […] È irrilevante, a tale riguardo, l’importo del corrispettivo, in particolare la circostanza che esso sia pari, superiore o inferiore ai costi che il soggetto passivo ha sostenuto a suo carico nell’ambito della fornitura della sua prestazione […]. Infatti, una simile circostanza non è tale da compromettere il nesso diretto esistente tra la prestazione di servizi effettuata e il corrispettivo ricevuto […]».
Al fine di recepire tale orientamento, l’articolo 16ter del decretolegge 16 settembre 2024 n. 131, rubricato ”Trattamento del prestito o distacco di personale agli effetti dell’imposta sul valore aggiunto”, convertito con modificazioni dalla legge 14 novembre 2024 n. 267, al comma 1 dispone che «Il comma 35 dell’articolo 8 della legge 11 marzo 1988, n. 67, è abrogato.» e al comma 2 chiarisce che.« Le disposizioni di cui al comma 1 si applicano ai prestiti e ai distacchi di personale stipulati o rinnovati a decorrere dal 1° gennaio 2025; sono fatti salvi i comportamenti adottati dai contribuenti anteriormente a tale data in conformità alla sentenza della Corte di giustizia dell’Unione europea dell’11 marzo 2020, nella causa C94/19, o in conformità all’articolo 8, comma 35, della legge n. 67 del 1988, per i quali non siano intervenuti accertamenti definitivi.».
Al riguardo, come anche chiarito con la circolare 16 maggio 2025, n. 5/E, avente ad oggetto il ”Articolo 16ter del decretolegge 16 settembre 2024, n. 131 (c.d. ”decreto Salvainfrazioni”), convertito, con modificazioni, dalla legge 14 novembre 2024, n. 166 – Trattamento del prestito o distacco di personale agli effetti dell’imposta sul valore aggiunto”, si osserva che la novella normativa interviene su una specifica categoria di operazioni, quella riguardante il distacco e il prestito di personale, di cui all’articolo 30 del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, effettuato tra due soggetti.
In particolare, per quanto rileva in questa sede, la richiamata circolare n.5/E del 2025 ha chiarito che «si ha distacco o prestito di personale quando:
- un datore di lavoro (di seguito anche ”distaccante”) mette a disposizione temporaneamente, a favore di un altro soggetto (di seguito anche ”distaccatario”), uno o più lavoratori per l’esecuzione di una determinata attività lavorativa;
- tale datore di lavoro rimane comunque responsabile del trattamento economico e normativo a favore del lavoratore;
- l’operazione è posta in essere dal distaccante con la finalità di soddisfare un proprio interesse; solitamente il soggetto distaccatario appartiene allo stesso gruppo societario oppure alla stessa rete di impresa del distaccante.
Ciò premesso, l’operazione di distacco o prestito di personale in argomento, per effetto della novella normativa, risulta essere rilevante ai fini dell’IVA al ricorrere dei requisiti soggettivi, oggettivi e territoriali normativamente previsti […]».
A parere della Scrivente, ancorché il citato articolo 80 del TUEL rinvii indirettamente ai prestiti e distacchi di personale, la fattispecie in esame non appare riconducibile a quelle esaminate dalla circolare n. 5/E del 2025, in assenza degli elementi nella stessa esplicitati, individuati dall’articolo 30 del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276.
Le somme rimborsate dall’Ente al datore di lavoro, per quanto da quest’ultimo corrisposto a titolo di retribuzioni ed assicurazioni per le ore o giornate di effettiva assenza dal servizio, di cui ai commi 1, 2, 3 e 4 dell’articolo 79 del TUEL, fruite dal lavoratore, non appaiono riconducibili al rimborso del costo del dipendente distaccato da parte della distaccataria a favore della distaccante, quanto piuttosto tese a consentire al cittadino che ricopre cariche pubbliche di espletare il proprio mandato, potendo fruire dei necessari permessi e, contestualmente, non gravare sul datore di lavoro.
In particolare, si osserva che non rinvenendo «[…] l’esistenza di un nesso di reciprocità fra le prestazioni (in senso lato) dedotta nel rapporto che lega le parti […]», viene a mancare la «funzione sinallagmatica tra gli importi erogati dalla parte », (Ente), «e la prestazione resa dalla controparte», (datore di lavoro) (cfr. Circolare 20/E dell’11 maggio 2015).
Pertanto, le somme rimborsate dall’Ente al datore di lavoro, per quanto da quest’ultimo corrisposto a titolo di retribuzioni ed assicurazioni per le ore o giornate di effettiva assenza dal servizio fruite dal lavoratore, non rientrano nel campo di applicazione dell’Iva e non si rilevano le condizioni affinché l’operazione possa essere considerata una prestazione di servizi a titolo oneroso, di cui all’articolo 3 del d.P.R. n. 633 del 1972.
Fonte: Agenzia Entrate



